Romeow Cat Bistrot a Roma, recensione: andrete per i gatti, tornerete per la cena

Romeow Cat Bistrot è il noto ristorante vegano di Roma a tema gatti. Ma oltre ai felini c'è di più: la nostra recensione.

Romeow Cat Bistrot a Roma, recensione: andrete per i gatti, tornerete per la cena

Roma è una città piena di gatti, povera di ristoranti vegani (a parte luminose eccezioni), figuriamoci di cat café. Avete presente quei bar a tema dove la principale attrazione consiste nell’interagire con i felini domestici? Ecco. Romeow Cat Bistrot, ristorante vegano in zona Ostiense, riesce a oltrepassare il concetto base di neko bar alla giapponese e offrire un’esperienza gastronomica notevole, al di là dei gatti. Per carità, non faremmo mai a meno degli irresistibili musetti, e forse è proprio questo il segreto del successo.

A prima vista potremmo catalogare Romeow nella sezione “ristoranti stravaganti”. E in effetti è già stato fatto, con una cospicua risonanza mediatica: nel 2015 Romeow è stato vincitore della primissima edizione di 4 Ristoranti proprio in questa categoria. Ma c’è molto di più: una cucina estrosa, gustosa e attenta al dettaglio, ingredienti e combinazioni curate e non banali, sapori intensi che prendono a sberle lo stereotipo vegano = blando. Ecco la recensione di Romeow, dall’ambiente al menu ai prezzi.

Ambiente

Astenersi allergici. Romeow è il regno dei gatti, liberi di camminarvi intorno e all’occorrenza anche sul tavolo, saltare e strusciarsi oppure piazzarvisi in braccio mentre mangiate (come è successo a me). Se non gradite evitate; se siete gattari o simpatizzanti sarà l’esperienza della vita. L’ambiente è interamente a misura di gatto, come dire che il passatempo passeggero siamo noi ospiti. Doppia porta per entrare (sia mai che qualcuno sgattaiolasse via) e poi cucce rialzate, sospese, tiragraffi, giochi, passaggi segreti punteggiano le sale.

Romeow infatti si sviluppa su due piani: a terra una sala grande con tavoli e sedie; sopra un salottino con panca e tavolini bassi. Piccola critica per la sistemazione di sopra: è un po’ dura digerire se si sta sempre chinati in avanti. Propongo di aggiustare le altezze, andare di tatami, oppure riservare lo spazio per pasti più frugali come merende e aperitivi. Plauso al bagno: colorato e pulito, ok, ma soprattutto provvisto di prodotti per l’igiene femminile gratuiti e in abbondanza. Nel 2024 è il minimo, e tutti dovrebbero prendere esempio. Bravi.

Menu

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È in questo preciso istante che ci si dimentica dei gatti. Il menu esteso e descrittivo infatti fa immergere in una dimensione che, al di là dell’etichetta “vegan”, è di alta cucina vegetale. Più dell’ideologia, che senza dubbio non manca, si percepisce una profonda conoscenza della materia prima (in tanti casi autoprodotta) e un sapiente uso di tecniche e accostamenti. Non si pensi tuttavia a un stile nouvelle cuisine: le portate vergono sul molto abbondante. L’ispirazione è chiaramente fusion e si diverte a re-interpretare ricette italiane e asiatiche.

A fronte di tanta scelta è lodevole l’iniziativa del menu degustazione a 60 euro. Sei portate decise dalla cucina che, riagganciandosi al discorso abbondanza, vengono servite a una metà che assomiglia più a un tre quarti. Eccezionalmente su richiesta (almeno per me è stato così) è possibile scegliere uno/due piatti fra quelli inclusi nel percorso. Si mangia dunque, ma si lavora con tutti gli altri sensi: armocromie accese, consistenze da ascoltare sotto i denti, portate che afferrate con le dita soddisfano di più.

Vale la pena gustare ogni boccone con lentezza. Peccato dunque per il ritmo un po’ troppo spedito del servizio, ma dò il beneficio del dubbio a una serata slow (orario di apertura di domenica) e al fatto che fossi da sola. Molto apprezzato invece il tempo speso dallo staff per spiegare ogni portata e rispondere ad eventuali domande sui singoli piatti. Chiudo ricordando le formule diurne o “Mood Menu” a partire da 9 euro: combinazioni di una o più portate + bevanda dalla colazione alla merenda, con caffetteria, aperitivi, pasticceria dolce e salata. Del resto, va ricordato, siamo in un cat café.

Piatti

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I piatti di Romeow cambiano con la stagione, ma ingredienti di base e respiro internazionale rimangono pressoché immutati. Si ritrovano il jackfruit, il risotto, i tteokbokki coreani, il tofu e seitan fatti in casa. La primavera 2024 porta con sé i colori pastello di fave e asparagi, stir fry asiatici e una rarità paradossale in tanta cucina vegana in Italia: i funghi.

L’uso diffuso di funghi in diverse varietà e consistenze sembrerebbe scontato come fonte proteica e imitazione della carne per gusto e consistenza. Ma non è così, e da questo punto di vista la cucina di Romeow è virtuosa e lungimirante. Compaiono in tutte le portate: dai pleorotus fritti dell’antipasto (foto sopra) al ragù degli gnocchi, fino ai pulled shiitake (foto sotto) e wood ear saltati con il tempeh dei secondi.

L’aggettivo “classico” è riduttivo per descrivere le portate più “familiari”. Dal risotto zafferano e liquirizia con cialde al pepe, impiattamento essenziale ed elegante; ai ravioli fave e “pecorino”, un morso  estremamente saporito, bilanciato e nutriente.

Si dà libero sfogo alla creatività e all’estetica su piatti “ibridi” come il maki taco, ma soprattutto alla sezione dolci che pare uscita da un pastry lab. Dalla minimalista raw cake giornaliera, al semifreddo tè matcha e fondente di lamponi, fino alla mousse cake al cioccolato. Una pâtisserie di tutto rispetto, tanto più se si pensa all’assenza totale della benché minima traccia di latte o uova.

Non sorprende che Romeow Cat Bistrot sia considerato il ristorante vegano più noto e apprezzato di Roma. Ci sono la devozione squisitamente romana per i gatti, la qualità assoluta che in questo caso fa il paio anche con quantità e prezzo, il fascino della novità (o per meglio dire dell’innovazione) in una giungla gastronomica capitolina che, in quanto a proposte plant-based, assomiglia più a una landa desolata.

A renderlo davvero speciale però è la capacità di sorprendere, e mi ci metto anche io che navigo costantemente ristoranti vegani in giro per l’Italia e il mondo. Da Romeow l’esperienza è notevole, curata, divertente, superiore alle aspettative. E pensare che io ero venuta (quasi) solo per i gatti.

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Opinione

ristoranti

Romeow Cat Bistrot si presenta come ristorante per cat lover, in realtà la sua vera forza sta nell’offerta curata e ben pensata di alta cucina vegetale. Estetica, accostamenti e soprattutto sapori dei piatti regalano un’esperienza notevole che va al di là del vegano, e del cat café.

PRO

  • Portate abbondanti
  • Bagno inclusivo

CONTRO

  • Ritmo veloce
  • Seduta del salottino un po' scomoda per cene lunghe
VOTO DISSAPORE: 9 / 10
Voto utenti
Romeow Cat Bistrot
Romeow Cat Bistrot
Via Francesco Negri, 15, 00154 Roma, RM, Italia
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