Cucina coreana: i 20 piatti tipici da provare

I 20 piatti tipici della cucina coreana da conoscere e provare: soju, kimchi, bibimbap e molti altri per vivere al meglio la Korean Wave.

Cucina coreana: i 20 piatti tipici da provare

La Korean Wave travolge tutto, da musica a cinema e tv. Dal nostro punto di vista anche la tavola, dove i piatti tipici coreani si stanno sdoganando. Apprezzarli significa (anche) conoscerli, e noi cosa stiamo qui a fare. Oggi vi raccontiamo la cucina coreana in 20 piatti tipici, sperando di farvici appassionare tanto quanto Squid Game e Gangnam Style.

Come sempre, una piccola panoramica sugli elementi chiave della cucina coreana. Importanza della fermentazione, riservata soprattutto a vegetali, soia e peperoncino; tavola conviviale e variegata che comprende una grande quantità di contorni marinati e fermentati; riso come cereale di base, adoperato in contorno (bap), torta (tteok), farina, distillato; centralità letterale e metaforica della carne, spesso marinata con sapori dolci e piccanti ed eseguita in svariate tecniche di cottura.

Ecco quali sono, secondo noi, i 20 piatti tipici coreani da conoscere e provare, da soju a kimchi, bibimbap, japchae, bulgogi, hotteok e molti altri.

Soju

soju

Dal Tredicesimo secolo il drink più bevuto in Corea del Sud è il soju, distillato puro di cereali. Tradizionalmente a base di riso, ma anche cassava e frumento, ha grado alcolico fra i 13-53 gradi. La sua comparsa nella penisola è ricondotta agli invasori mongoli, che a loro volta appresero l’arte della distillazione dai popoli levantini. La regione storica di produzione è l’Andong a est del paese.

La cultura del bere in compagnia è molto sentita in Corea, tanto da avere nome proprio (hyangeumjurye) e una specifica “etichetta alcolica”. Questa comprende modo di versare e ricevere le bevande, gerarchia del servizio, posizione delle mani e del viso. Il bere insomma è intrinseco a società e socialità permeando tutti gli aspetti della vita pubblica, persino il luogo di lavoro.

Non è però fine a se stesso. In queste occasioni sono immancabili gli anju, piatti e piattini da abbinamento che vanno dagli stufati agli stir-fry, dai pancake alla frutta secca. Del resto non ci vuole una scienza a complementare il soju: completamente trasparente, ha gusto e aroma neutro, tanto che spesso viene shottato nella birra per un kick alcolico in più.

Kimchi

kimchi

La sola esistenza di un World Institute of Kimchi a Seoul fa riflettere sul ruolo centrale che i vegetali fermentati rivestono qui. Kimchi è il termine che li designa tutti, anche se a livello globale è diventato sinonimo di cavolo piccante fermentato. La sua ubiquità e storia (più vecchia di Gesù) ne fanno la base della dieta coreana.

Ogni famiglia ha la sua versione, con preferenze e aggiunte che variano in continuazione. Fra gli ingredienti più apprezzati vi sono appunto cavolo cinese ma anche carote, loto, sedano, daikon, germogli, patata dolce. Il condimento di base è il sale, starter fermentativo, e poi gochugaru (polvere di peperoncino), aglio, zenzero, cipollotto. Ricordiamo però che il kimchi tradizionale non è un piatto vegano: spesso infatti viene aggiunto pesce (acciughe, gamberetti) sotto sale o in pasta.

La fermentazione (da 1 a 2 giorni) arricchisce il kimchi di microrganismi e batteri lattici, rendendolo di fatto ricco di probiotici. Questa flora variegata cambia in base alla stagione (sì, anche il tempo è determinante), al luogo e alla specie usata. Eccone alcune varietà:

  • Baechu kimchi: il più diffuso a base di cavolo o verza cinese
  • Pa kimchi: di cipollotto verde piccante
  • Baek kimchi: anche detto “white kimchi”, di cavolo cinese non piccante
  • Gat kimchi: di foglie di mostarda indiana piccanti
  • Yeolmu kimchi: primaverile di ravanelli
  • Chonggak kimchi: invernale di ravanello piccante

Namul

namul

Non solo fermentati, ma anche marinati. I namul sono l’altra grande sezione di side dish vegetali coreani. Vengono utilizzate tutte le parti della pianta: foglie, petali, radici, semi. Non mancano poi namul a base di alghe, funghi ed erbe spontanee (san-namul). Il condimento di base prevede salsa di soia, olio e semi di sesamo, aceto, aglio e spesso gochujang, o pasta di peperoncino. Dopodiché il namul può essere servito crudo, fermentato o cotto (fritto, vapore, bollito, saltato). Ecco alcuni esempi:

  • Kongnamul muchim: di germogli di soia saltati
  • Sigeumchi namul: di spinaci saltati
  • Sukjunamul: di germogli di fagioli mungo scottati e sautè
  • Gaji namul: di melanzane
  • Hobak namul: di zucchine stir-fry
  • Musaengjchae: di ravanello
  • Kongjaban: di fagioli di soia neri bolliti e zuccherati

Jeon

jeon

Una frittella più sostanza che pastella. Questo, essenzialmente, il jeon coreano. Di base si tratta di un pancake senza lievito (spesso anche senza uova) con farina di frumento. A distinguerlo però è l’abbondanza straripante di tutti gli altri ingredienti, la cui ratio prevalente ricorda l’okonomiyaki giapponese. Tutto può essere utilizzato per condire il jeon: carne (yukjeon), pesce (saengseon-jeon), verdure  (chaesojeon). Ogni tipologia conta infinite sottocategorie, dalle più semplici con cipollotto verde e kimchi fino a ostriche, quaglia e fegato di maiale. Discorso a parte per gli hwajeon di fiori, dolci con farina di riso.

Banchan

banchan

In Corea l’allestimento della tavola è parte integrante del modo di mangiare, importante tanto quanto quello che c’è nel piatto. Il bansang o mise en place prevede una portata principale, riso (bap), zuppa (guk o tang), salsa piccante o di soia. E poi ci sono i banchan, piccoli contorni monoporzione spesso a base vegetale. Non a caso sono stati introdotti dai seguaci del buddismo e dunque della dieta vegetariana.

Fra i banchan principali vi sono kimchi, namul e jeon, ma anche bokkeum (stir-fry), jorim (in brodo) e jjim (al vapore). L’unità di misura dei banchan è il cheop, che deve essere sempre dispari. Nella cultura coreana è il pari a portare sfortuna, tutto il contrario del nostro tredici a tavola. Si parla così di setting a 3 cheop, 5 cheop, 7 cheop e così via (l’unica tavola ammessa a 12 cheop è quella regale, ma questa è un’altra storia). Ricordate: in Corea non è pasto completo senza banchan, che è un altro modo per dire: “Mangia le tue verdure!”.

Gimbap

gimbap

Gli affezionati (e come non esserlo) spettatori di Avvocata Woo si ricorderanno del gimbap o kimbap come piatto preferito della protagonista. Il nome è esplicativo: kim (alga) e bap (riso). L’aspetto lo è ancora di più visto che praticamente tutti lo definiscono sushi coreano. In effetti si pensa sia stato introdotto dai giapponesi durante l’occupazione del 1910-1945. I coreani avrebbero preso spunto dal maki nipponico e creato un ibrido locale più largo, sottile e con molti più ingredienti, fra cui la carne.

Altri sostengono invece che il kimbap sia slegato dal Giappone e derivato dal kimssam, involtino di alga già in voga nel Diciannovesimo secolo. L’origine sarà dibattuta, sull’appeal invece non abbiamo dubbi. Come Woo Young-woo, anche noi andiamo pazzi per il gimbap che in Corea si trova a tutte le ore e in ogni forma possibile. Eccone alcune:

  • Samgak gimbap: gimbap triangolare simile all’onigiri giapponese
  • Chamchi gimbap: con tonno, uova e sottaceti
  • Mayak gimbap: tipico di Seoul con carote, ravanelli e spinaci mantenuto intero e mai affettato
  • Chungmu gimbap: tipico di Tongyeong con polpo piccante e kimchi di ravanello

Mandu

wonton-soup

Stavolta è il cinema a venirci in aiuto per parlare di mandu o mandoo. I ravioli coreani per antonomasia sono (in versione fritta) l’unico pasto che il protagonista di Oldboy, capolavoro di Park Chan-wook, si vede rifilare per anni in cella. Giustamente li odia, e come biasimarlo.

Peccato perché i mandu sono fra i ravioli asiatici più conosciuti e apprezzati. Come il soju sono stati introdotti secoli or sono dai popoli mongoli, difatti la radice linguistica è la stessa di dumpling simili in Turchia, Armenia, Afghanistan e via dicendo. La pasta di acqua e farina contiene spesso kimchi, e poi carne, pesce, verdure in tantissime combinazioni. I mandu si preparano bolliti (mul), al vapore (jjin), alla piastra (gun). Esistono anche in brodo (manduguk) e dolci (mandugwa).

Ssamjang

Ssamjang

La salsa da inzuppo ssamjang ci permette di fare qualche piccolo excursus, a partire da suoi ingredienti di base. Il primo riguarda la gochujang, pasta al peperoncino fermentata ubiquitaria in Corea. Da prima del Seicento infatti il suo rosso caratteristico tinge buona parte dei piatti tipici locali. A base di gochugaru (polvere di peperoncino gochu), meju (soia fermentata), riso glutinoso e sale, viene tradizionalmente fermentata in vasi onggi di terracotta. Ha anche la sua unità di misura GHU (Gochujang Hot-taste Unit) che ne determina il livello di piccantezza.

L’altro elemento di base del ssamjang è la doenjang, pasta di soia fermentata. Rispetto alla gochujang ha origini molto più antiche, millenarie addirittura, e può essere considerata sottoprodotto della salsa di soia coreana. La doenjang a base di meju e salamoia viene utilizzata come condimento e insaporitore al pari del miso giapponese.

Il terzo excursus riguarda il termine ssamjang, che riporta al suo uso originale. La traduzione infatti è “salsa da ssam”, laddove ssam indica i wrap di lattuga e altre foglie tipici coreani. Questa tecnica si applica a una miriade di involtini, che vanno dalla base (anche di alghe) agli ingredienti che contiene. Fra i più popolari ci sono sangchu con riso e kimchi; bossam con maiale a fette; e ssambap con riso.

Tteokbokki

tteok

Gnocchi di riso è sicuramente un concetto semplicistico per tradurre tteokbokki, ma tant’è. Questo piatto si sviluppa, come molti altri, a corte. Siamo nel Diciannovesimo secolo sotto la dinastia Joseon, e prima di apprezzarlo per il sapore il tteokbokki viene esaltato per le qualità curative. Non fate quelle facce, anche in Italia il riso degli albori era usato come spezia e medicina.

La base del piatto sono i tteok, tortine di riso al vapore di forma allungata e cilindrica. Queste, come pasta e gnocchi, chiamano condimento: le tipologie si distinguono proprio in base alla salsa e agli ingredienti aggiunti. La ricetta più iconica è a base di gochujang che dà al piatto il rosso tipico. Resta celebre anche la versione regale, che prevedeva aggiunta di uova e lombata di manzo.

Oggi tuttavia il suo status è quello di street food popolare ed economico. Da provare al curry, con salsa soia (ganjang), salsa di fagioli neri (jajang) e polpette di pesce (eomuk). Non manca, udite udite, la versione carbonara con salsa densa a base di uova.

Injeolmi

Injeolmi

Gli injeolmi sono una varietà di tteok dal sapore più gentile, spesso in versione dolce. Secondo la leggenda, queste tortine di riso glutinoso furono inventate dal contadino Yim che le offrì al re Injo in fuga da una ribellione a Seoul. Tanto piacquero e sfamarono il re che egli decise di dedicare il piatto al suo inventore, da cui Injeolmi.

Le differenze principali con i tteok sono due: la forma a parallelepipedo e il gomul, la polverina caratteristica che avvolge gli injeolmi. Questo spesso è a base di fagioli di soia, azuki, sesamo, jujuba o giuggiola. Il loro profilo più delicato li rende una sorta di tteok delle grandi occasioni: spesso infatti sono serviti durante feste e banchetti.

Bibimbap

Bibimbap

Restiamo in tema con il bibimbap, piatto unico di riso fra i must della cucina coreana. Letteralmente si traduce con “riso cotto misto”, e non fa una piega. Viene in mente il pokè hawaiano, anche se in questo caso siamo di fronte a un piatto molto più antico, costruito e complesso. Il bibimbap nasce nelle zone rurali e il suo consumo e preparazione è legato alle pratiche di offerte alle divinità. I singoli ingredienti sono ricchi di simbolismo e considerati curativi, con colori e forme a rappresentare le parti del corpo da guarire.

Si tratta di un piatto prevalentemente a base vegetale. In fondo troviamo il riso (bap) sormontato da verdure marinate e fermentate (banchan) fra cui funghi, cetrioli, zucchine, carote. Un’aggiunta frequente è il tuorlo d’uovo crudo, ma anche tofu (dobu), pollo e manzo. Ecco alcune varianti tipiche:

  • Jeonju bibimbap: tipico della provincia meridionale Jeonju, dove peraltro si tiene il festival annuale dedicato. Fra i topping conta germogli di soia, gochujang e manzo crudo.
  • Dolsot bibimbap: servito nella hot pot coreana in pietra mantenuta caldissima, ha il classico uovo crudo da mescolare e olio di sesamo alla base per rendere il riso croccante.
  • Yakcho bibimbap: tipico di Jecheon con aggiunta di erbe officinali.

Japchae

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L’altro “primo” tipico è il japchae, noodles di patata dolce con verdure. La natura “povera” nasconde origini regali: venne infatti inaugurato come piatto di corte nel Seicento. All’inizio si trattava soltanto di verdure miste, che poi è la traduzione letterale di japchae. Col tempo vennero aggiunti i daengmyeon, spaghetti di amido, e ingredienti aggiuntivi quali carne, tofu, pesce.

La base vegetale tuttavia è imprescindibile e include funghi, spinaci, carote, cipolle e uova. In alcuni casi anche peperoni (gochu-japchae), gelatina di fagioli mungo (tangpyeong-chae), cetriolo (wolgwa-chae).  Leggero e gustoso, oggi il japchae è un must di banchetti e cerimonie e, secondo noi, uno dei piatti asiatici di cui aver nozione.

Bulgogi

bulgogi

Arriviamo alla carne, vera passione dei coreani. Il bulgogi è uno dei piatti nazionali a base di manzo grigliato marinato. Il nome parlante in questo caso mette insieme fuoco (bul) e carne (gogi) e curiosamente deriva dal dialetto di Pyongyang quando ancora non era capitale sotto dittatura. La preparazione infatti risale al periodo Goguryeo (37 AC- 668 DC) in cui era pratica comune marinare la carne prima di cuocerla.

A rendere così speciale il bulgogi è proprio la salsa dolce a base di zucchero o miele, soia, aglio, olio di sesamo, pepe. Sono utilizzati anche frutta fresca e sciroppata, cipolle caramellate, aceto balsamico (di cui i coreani vanno pazzi senza farsi troppe domande su qualità e provenienza). Gli straccetti di manzo vengono poi idealmente grigliati oppure saltati in padella. Insieme ci sono i sempre presenti riso, banchan e gochujang, ma anche ssam (wrap di lattuga) e a volte spaghetti cellophane amidacei.

Galbi

Galbi; cucina coreana

L’altro apprezzatissimo secondo è rappresentato da galbi o kalbi, costine di manzo marinate e grigliate. Anche qui non si lesina sul dolce. La marinatura è a base abbondante di zucchero, salsa soia e aglio, con aggiunta opzionale di vino di riso e olio di sesamo. Nonostante galbi sia quasi sinonimo di ribs di manzo, esistono diverse varianti con pollo (dak galbi) e maiale (dwaeji galbi). Inoltre, dal semplice taglio di carne posto sulla griglia, si arriva a preparazioni più complesse che prevedono ulteriori metodi di cottura. Eccone alcune:

  • Galbi-tang: zuppa di costine con ravanello e cipolla
  • Galbi-jim: costine brasate tipiche autunnali con giuggole, pinoli, castagne e funghi
  • Tteok-galbi: polpette o hamburger di galbi

Gogi-gui

korean-bbq

L’apoteosi carnivora della cucina coreana è rappresentata dal gogi-gui, letteralmente “arrosto di carne” ma per tutti barbecue alla coreana. Quella che sembra una trovata di marketing contemporanea da ristorante esotico, è in realtà una pratica in uso da almeno duemila anni. La sua particolarità sta nella partecipazione attiva dei commensali che direttamente in tavola cuociono carne e altri ingredienti su fuoco vivo o grill.

I tagli si distinguono in già marinati e non marinati. Fra i primi bulgogi, galbi e jumulleok, bistecca di manzo o maiale in olio di sesamo, sale e pepe; fra i secondi chadolbagi  (punta di petto tagliata sottile) e samgyeopsal (pancetta di maiale). Se il centro della tavola è dominato dalla carne, intorno troviamo il consueto gruppo di banchan, a completare il pasto e (si spera) sgrassare.

Jjigae

jjigae-stufato-coreano

Lo stufato è un altro grande classico coreano da centrotavola. Il jigae si pone a metà strada fra la proteina brasata al sugo e la zuppa vera e propria. Quest’ultima, più correttamente, è definita guk o tang a seconda della quantità d’acqua: il guk è più brodoso, il tang più denso. Ma torniamo al jigae che, similmente al ramen, si distingue in base all’ingrediente principale o al tipo di brodo. Ecco alcune varianti:

  • Sundubu jigae: di tofu morbido con verdure, carne e/o pesce
  • Kimchi jjigae: di kimchi piccante con tofu e verdure
  • Gochujang jjigae: con brodo a base di pasta al peperoncino
  • Doenjang jjigae: con brodo a base di pasta di soia

Chaltteok

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Una fetta consistente di dolci coreani è rappresentata dai monoporzione a base di riso glutinoso. Il richiamo più ovvio è al mochi e alla pasticceria giapponese wagashi da accompagnare al tè. L’equivalente coreano si chiama chaltteok, tortino al vapore ripieno di fagioli rossi. Lo strato esterno è tradizionalmente di colore verde chiaro per via del gomul, polverina aromatizzata al tè matcha. Gli amanti della pasticceria soffice e non stucchevole troveranno pane (anzi, riso) per i loro denti. Ecco altri esempi:

  • Jeolpyeon: tortine di riso piatte, decorate finemente per cerimonie e banchetti
  • Ggul tteok: tortine colorate ricoperte di miele
  • Jeungpyeon: tortine lievitate al makgeolli (bevanda al riso fermentato) con semi e frutta secca
  • Sirutteok: tortino al vapore servito con crumble di noci o fagioli rossi

Hangwa

dolcetti-coreani

L’altra grande categoria pasticciera coreana è rappresentata dagli hangwa, dolciumi e confetti variegati. In questo caso la base non è (solo) riso, ma anche farine di cereali e legumi, frutta, gelée, semi, noci, zucchero, miele. Gli hangwa si dividono generalmente in otto categorie, che spaziano dal petit four alla caramella dura, dai dolcetti fritti alle gelatine gommose. Eccone alcuni fra i più popolari:

  • Yugwa: dolcetti fritti di riso glutinoso e miele
  • Dasik: dolcetti da tè monoporzione, spesso decorati a base di farina di riso e legumi
  • Jeonggwa: frutta candita o roll di frutta
  • Suksil-gwa: dolcetti di frutta cotta e miele, spesso a base di castagne, giuggiole, zenzero

Hotteok

pancake rigirati in padella

Avete mai visto o ancora meglio assaggiato i dorayaki giapponesi? Allora sapete già (quasi) tutto degli hotteok coreani, pancake dolci ripieni. Stavolta però l’influenza giapponese non c’entra: la ricetta è derivata dal tang bing cinese, pancake senza uova diffuso da immigrati nel Diciannovesimo secolo. La “torta di riso barbarica” coreana (questa la traduzione letterale di hotteok) però sostituì rapidamente i condimenti salati con quelli dolci. La pastella di farina, acqua, latte e lievito infatti nasconde un ripieno di zucchero, arachidi e cannella. Gli hotteok fritti, croccanti dal cuore morbido, sono un tipico street food invernale.

Tarakjuk

Ormai lo sapete, siamo grandi sostenitori dei porridge non di avena. Niente in contrario eh, solo che ci piace variare. In Corea la categoria è decisamente dominata dal riso per ragioni storiche e culturali. Fra tutti spicca il tarakjuk, porridge di riso e latte nato a corte. Un tempo infatti il latte era considerato un ingrediente prezioso in quanto raro, e se ne celebravano le proprietà curative e medicamentose. Tanto che ancora oggi il tarakjuk è considerato un comfort food per bambini, anziani e malati.

Per prepararlo occorre il muri, deposito di granuli derivato dalla lavorazione del riso glutinoso. Il muri viene bollito con latte, sale, zucchero o miele fino ad assumere una consistenza densa e omogenea. Preparazioni simili con gusti diversi sono jatjuk ai pinoli, e heukimjajuk al sesamo nero.