Condividere: Lavazza ha portato l’alta cucina informale a Torino

Condividere: com'è, cosa si mangia e come, quanto si spende nel nuovo ristorante aperto da Lavazza a torino insieme a Ferran Adrià

Condividere: Lavazza ha portato l’alta cucina informale a Torino

Consumata a febbraio l’apertura di Cracco in Galleria a Milano, nel demi-monde culinario nazionale anteprime più attese di Condividere by Lavazza non sono previste, almeno nel 2018.

Vuoi per l’inserimento del nuovo ristorante nella Nuvola, la sede torinese di Lavazza progettata dall’archistar Cino Zucchi, un complesso di 30mila metri quadrati dove lavorano 600 persone costato 120 milioni di euro e realizzato nel quartiere in cui Lavazza è nata 123 anni fa.

Vuoi soprattutto per il coinvolgimento di Ferran Adrià, già chef e patron di El Bulli, il più rivoluzionario ristorante del terzo millennio, ora cervello di un’infinità di iniziative accanto a suo fratello Albert, che ha contribuito a sviluppare concept e menu di Condividere.

[La Nuvola: nuova sede per Lavazza a Torino]

Vuoi infine per l’attesa creata ad arte dalle parole dello stesso Adria: “Il ristorante del futuro è un luogo che va totalmente ripensato, Condividere sarà al servizio del gusto italiano, dell’allegria, della condivisione, dell’ospitalità. Un’esperienza accessibile e alla portata di tutti”.

[Cos’è di preciso Condividere by Lavazza a Torino?]

Date le premesse, era impensabile per noialtri non essere sabato scorso all’anteprima del nuovo ristorante, che occupa un’area di circa 500 metri quadri, con 45/60 coperti.

Com’è Condividere

Non vi stupite se, una volta entrati, vi sembrerà di essere proiettati dentro Hugo Cambret, la pellicola di Martin Scorsese le cui scenografie sono valse a Dante Ferretti il terzo oscar di una carriera memorabile.

È propio lui, il grande scenografo italiano, ad aver disegnato Condividere, che non a caso somiglia a un set cinematografico, pieno di tubi, specchi e ingranaggi, mosaici screziati da tazzine rotte e caffettiere mimetizzate.

Chi è lo chef

Lo chef è Federico Zanasi, modenese, 43 anni, nel 2013 executive chef del ristorante dell’hotel Principe delle stelle di Cervinia prima di essere assorbito nel progetto Condividere, con spostamento a Barcellona, al Tickets e a La Bodega 1900, due ristoranti della costellazione Adrià, per apprendere in quasi due anni ogni aspetto di quel tipo di ristorazione.

[I ristoranti di Albert e Ferran Adria a Barcellona]

Bob Noto –fotografo e ironico gourmet torinese scomparso nel 2017– voleva un Tickets qui, nella sua città”, ha rivelato Ferran Adrià. Ed è proprio a Tickets che bisogna guardare per cogliere lo spirito di Condividere.

O meglio, al gruppo di locali che i fratelli Adria hanno aperto nel quartiere del Poble Sec, a Barcellona, zona di cinema e teatri ormai dismessi. Un autentico distretto gastronomico che conta ormai 5 insegne diverse (Tickets, Patka, Bodega 1900, Hoja Santa e Nino Viejo), una a poca distanza dall’altra.

Come si mangia (nel senso del modo in cui si mangia)

Il modo di consumare il cibo nel nuovo locale torinese è, come da insegna, un invito alla condivisione informale dei piatti d’autore: il cibo, messo al centro della tavola, come si fa in famiglia o tra amici, viene preso con le mani o con le pinze dai commensali per un’esperienza gastronomica più spontanea del solito.

Ragione per cui non esiste un vero menù degustazione. I piatti, suddivisi in categorie (snack, cicchetti, pesce, carne, verdure…) si possono scegliere alla carta o stabilendo tra i commensali un percorso, al momento dell’ordinazione, basato sulle preferenze comuni o sull’intensità dell’appetito.

Queste sono le linee guida: sta al personale –tutto giovane, carino, sveglio, preparato– capire le esigenze degli ospiti, costruendo con loro la vera ordinazione.

Il menu e quanto si spende

Quanto spenderete per tutto questo? 60, 75 o 90 euro. Anche meno se volete solo un antipasto e un piatto di pasta, anche più se, al contrario, avete fame.

Cosa mangerete

Ora, è semplice condividere snack e cicchetti, assimilabili, diciamo così, alle entrate in un ristorante di alto livello.

Facciamo degli esempi: ogni commensale prende un’ostrica con granita allo yogurt, menta e eucaplipto, oppure un gelato al parmigiano omaggio a Bob Noto, cialda e gelato al parmigiano con marmellata di limone, e il gioco è fatto.

Vi stupirà, sempre in tema di snack, il tramezzino Omaggio a Mulassano, ovvero il caffè liberty di Piazza Castello a Torino dove il tramezzino è stato inventato nel 1925.

Se il palato non ci inganna il finto pane in cassetta è fatto con l’albume dell’uovo, una specie di meringa dal sapore neutro che intrappola un’ insalata caprese, piccolo capolavoro di trasformismo culinario.

Meno automatico è dividersi i piatti veri e propri.

Prendete il riso secco al forno, con brodo intenso di anatra, anguille, coscia d’anatra essiccata e fermentata (proprio come un katsuobushi di tonno). Il tacito accordo con i camerieri prevede che, una volta messo al centro del tavolo, il piatto di portata non venga preso d’assalto dal più lesto dei commensali a scapito degli altri.

Mica facile vista la bontà della portata che ricorda il riso tostato valenziano (socarrat) con i chicchi che vengono “grattati” via dal fondo perché considerati la parte più buona del piatto. Insieme alla ventresca di tonno stagionata e alla bottarga c’è il peperone di Carmagnola, perché il gioco di rimandi sulla tratta Spagna/Piemonte è esteso a tutto il menu.

Come gli agnolotti del plin, dimensioni maxi e ripieno integralista, servito nel tovagliolo con accanto una ciotola di brodo per immersioni che mettono di buon umore.

Impossibile che manchino i bagnetti, le salse preparate dalle famiglie langarole per accompagnare il bollito. Zanasi le piazza sul formaggio caprino, altro classico piemontese, e sulla lingua, servita al tavolo sulla brace fumante e infilzata da una stecca di cannella per insaporire e agevolare la presa.

La pluma iberica, un taglio di carne ricavato tra lombo e collo del maiale, viene servita con il garum, salsa molto concentrata fatta con le interiora di pesce, che i nobili della Roma antica apprezzavano almeno quanto noialtri la colatura di alici.

Dulcis in fundo

Per i dolci ci si sposta in una zona separata ribattezzata Dulcis in fundo che permette di parlare e rilassarsi, ritrovando l’atmosfera del pranzo domenicale, tipico delle famiglie italiane

Un cambio di ambientazione per mettere l’accento sul  rito finale del caffè, dolci compresi. Che, come da tormentone del locale, si possono condividere con tutto il tavolo, vedi la “focaccina dolce con semifreddo al caramello”, il gustoso pancake ripieno di gelato che abbiamo provato, o consumare in forma di piccole monoporzioni.

Se gradite, il pre dessert è una nuvola di zucchero filato.

L’atmosfera da fabbrica del caffè d’epoca, dove si scelgono diverse miscele e preparazioni (quelle tipiche dello specialty coffee, per esempio), rappresenta la firma Lavazza sulla felice esperienza gastronomica di Condividere.

[Crediti | Immagini: Andrea Guermani, Chiara Cavalleris]