Valerio di Masterchef fa la pizza in bustina, ma il vero scandalo sono i commenti

Valerio Braschi, che potreste ricordare come vincitore di Masterchef 6 o per impavide rivisitazioni culinarie, non si smentisce e prepara la pizza in bustina. Nemmeno gli italiani si smentiscono.

Valerio di Masterchef fa la pizza in bustina, ma il vero scandalo sono i commenti

Valerio Braschi, il vincitore di Masterchef 6, pubblica la foto di una “pizza” su Instagram, e succede il finimondo. Una pizza in bustina: una provocazione, un esperimento, uno scherzo? Scandalo, reazioni spaventate, sarcastiche o indignate: il vero scandalo sono proprio i commenti.

Valerio è il giovanissimo vincitore dell’edizione 2017 di Masterchef Italia: molti di noi lo ricordano come un vero fenomeno, soprattutto con una capacità di crescita incredibile, dai primi passi coraggiosi ma incerti alla presentazione di un menu finale davvero di altissimo livello concettuale. A fine 2019 ha aperto un suo locale a Roma, Ristorante1978. L’ambito, come c’era da aspettarsi, è quello del fine dining, e nello specifico della cucina di ricerca. Poi ogni tanto Valerio punta a stupire, con piatti che fanno notizia: come la carbonara liquida, che mira ad avere le stesse calorie di un bicchiere d’acqua, o la lasagna in tubetto. Sulla stessa scia, la pizza in bustina: una marinara, come si vede chiaramente.

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Bisogna dire che le reazioni sotto al suo post, su Instagram come su Facebook, sono per lo più osannanti – ma c’era da aspettarselo, i follower sono fan. Più che altro si fa della bonaria ironia sulla somiglianza con una bustina di cannabis – hascisc il pomodoro e marijuana l’origano – ma è chiaro che l’intenzione, il giochino, era proprio quello. Oppure c’è chi chiede dov’è la base: risposta, la base è la busta, che è composta di obulato, ovvero amido trasparente commestibile.

Naturalmente la foto gira, tra gruppi di addetti ai lavori e semplici appassionati: ovvero tutti gli italiani. Che quando gli tocchi la tradizione si sa, vanno fuori di testa. E se poi si tratta di pizza, peggio mi sento. Le obiezioni sono raggruppabili in tre categorie, grossomodo, che poi sono le classiche critiche prestampate che si fanno ai ristoranti gourmet e/o di ricerca (oltre all’argomento prezzi): l’offesa alla tradizione; il problema delle quantità; la cucina non è arte.

Offesa alla tradizione cioè: questa non è pizza! La pizza vera è solo quella che fa/faceva il grandissimo X (inserire immagine di pizzaiolo dell’800 a scelta). Beh, grazie al cavolo: ovvio che non è una pizza classica, né vuol esserlo. Idem si dica per la questione quantitativa: questo non è un piatto!, quante ce ne vogliono per sfamarmi?, nei ristoranti gourmet un piatto di pasta pesa quanto il boccone che io faccio per vedere se è cotta, ecc. Certo che non è un piatto, ma magari come portata di una degustazione di 15, ci può stare. Non è un piatto, è un’idea: e qui veniamo alla questione centrale.

Senza voler fare un papiello, ma gira che ti rigira, il punto è sempre quello: la cucina, che deve fare? Se n’è parlato in occasione di menu e piatti altrettanto provocatori, come il dessert mangiato nel calco della bocca di Floriano Pellegrino a Bros’. Pellegrino si sente artista: ma la cucina è arte? Può ridursi a mero concetto, a un godimento puramente intellettuale? O deve stimolare anche le papille gustative, oltre che provocare? Questo in sostanza è quello che dicono i critici. E io sono d’accordo: ma per giudicare un piatto sotto il profilo del gusto, non c’è che da fare una cosa. Assaggiarlo.

E questa marinara si presta anche abbastanza al delivery: caro Valerio, mo’ ci organizziamo per venire noi da te. Ma nel frattempo, mandaci un po’ di pizze a casa.