Come si riconosce il cioccolato fatto bene

Come si riconosce il cioccolato fatto bene? Come si allena il palato a praline e tavolette? Tutto ciò che bisogna sapere per destreggiarsi nell'assaggio del cioccolato fondente e al latte

Come si riconosce il cioccolato fatto bene

Come si allena seriamente il palato al cioccolato? Cosa bisogna sapere per diventare assaggiatori di praline e tavolette livello PRO? Quali segreti non devono sfuggire a chi vuole riconoscere un signor fondente a occhi chiusi?

Se un po’ vi conosciamo l’argomento non dovrebbe dispiacervi, e dato che insieme a cugini di iFood e Bbq4All portiamo meraviglie culinarie, degustazioni e showcooking nei negozi Scavolini sparsi per il Bel Paese (controllate se ci sono tappe di “Foodaddiction in store” nella vostra città), ecco qualche strumento utile per destreggiarvi nell’assaggio.

DEGUSTAZIONE

La prima cosa da fare in una degustazione è assaporare lentamente il cioccolato cercando di cogliere sapori, aromi e consistenze. Sapendo a cosa andate incontro.

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Se svolgete bene questa fase diventerete esigenti in fretta, con l‘inevitabile conseguenza di snobbare buona parte del cioccolato che vi è sempre sembrato buono.

VISTA / COLORE

Si degusta con tutti i sensi a partire dalla vista. Un buon cioccolato è lucido e uniforme, invece striature, macchie, bolle d’aria, opacità e granuli indicano errori in fase di lavorazione o conservazione.

Un colore mogano-cannella carico e brillante aiuta a identificare un buon fondente, mentre il marrone chiaro, ma non pallido e spento, segnala un cioccolato al latte fatto a modo.

UDITO / RUMORE

L’udito ora: spezzate il cioccolato con le mani. Se il suono che segue alla rottura è uno “snap” secco e limpido, e non sordo e poco deciso, il cioccolato —fondente in questo caso— è di buona qualità.

OLFATTO / AROMA

Accostatelo quindi al naso: nel caso del fondente il primo aroma a esssere percepito è quello del cacao. Aroma intenso ma non estremo: se è troppo forte o tendente all’acido segnala una tostatura eccessiva.

Nel caso di una tavoletta al latte si percepiscono invece profumi di panna, burro e ovviamente latte.

GUSTO / ASSAGGIO

Ora assaggiatelo: ricordate di non masticare subito, ma lasciate che lo scacco di cioccolato si sciolga.

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Se fonde rapidamente e in modo uniforme, senza lasciare sensazioni grasse, unte o collose, se non è astringente (come quando si mangia un frutto acerbo), si può parlare di sapore “rotondo”, espressione abusata dagli esperti, ovvero del requisito che consente a un buon cioccolato di avvolgere il palato in modo piacevole.

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La consistenza della pasta dev’essere fine, setosa, senza granuli e non sabbiosa. Nel cioccolato al latte fate attenzione allo zucchero: se masticando avvertite una sensazione di secchezza alle pareti del palato e un leggero fastidio ai denti, significa che la quantità di zucchero presente nella tavoletta è esagerata.

Rispetto a quando l’avete annusato la prima volta, il calore della bocca ora vi permette di cogliere anche gli aromi secondari del cacao: frutti rossi, frutta secca, tabacco, caffè, caramello, spezie, legno, terra, miele.

Tutte queste componenti, presenti in modo più o meno intenso, sono indice di una buona ricchezza aromatica e vi permettono, quando sarete diventati esperti, di riconoscere anche da quale zona del mondo proviene il cacao.

Indice di buon cioccolato è poi l’equilibrio tra dolce e amaro: non è detto che un cioccolato fondente sia per forza molto amaro, né che un cioccolato al latte risulti troppo dolce. Il punto è che la somma di tutte le componenti porti a un risultato di piacevole.

Attenzione alle note acide, che suggeriscono una fermentazione delle fave di cacao poco corretta.

Ultimo criterio da tenere a mente: la persistenza. Per quanto tempo l’aroma e le sensazioni piacevoli lasciate dal cioccolato rimangono nel palato: se persistono per almeno 10 minuti significa che vi trovate di fronte a un prodotto valido.

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Ora che avete gli strumenti per degustare, vi consigliamo di assaggiare il più possibile, variando tipi, percentuali di cacao e zone di provenienza: così arricchite la vostra personale “banca dati” e diventate sempre più esperti.

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