Orto in città: stiamo diventando tutti rurban

Orto in città: stiamo diventando tutti rurban

C’era una volta l’agricoltore con zappa, verderame e annessi. Poi le campagne si sono svuotate, le metropoli riempite e, alla fine, è iniziata l’era degli orti urbani: orto in terrazzo, orto in vaso, orto verticale eccetera.

Col tempo, al posto della figura del provincialotto scarpe grosse e cervello fino, è nata quella molto più cool e contemporanea del rurbanite (dal mix di rural e urban), che dismette i fertilizzanti e indossa graziosi guanti da giardino coi cuoricini disegnati. [related_posts]

Il fenomeno della coltivazione metropolitana, a parte le facili ironie per chi segue le mode senza troppa convinzione, è in fortissima crescita e non solo oltreoceano, ma anche molto vicino a noi, anzi proprio nelle nostre città.

In un articolo approfondito del Corriere a firma di Roberto Rizzo, la fotografia dell’Italia metropolitan-green racconta di un Paese sempre più orientato alla coltivazione personale e cittadina, sotto diverse forme.
Ovvero:

ORTO COMUNALE O DI PRIVATI
Piccoli appezzamenti di terra del Comune a uso domestico, di orti e giardinaggio ricreativo, assegnati in comodato ai cittadini richiedenti. Le coltivazioni non hanno scopo di lucro.

ORTO A PORTER
L’orto da passeggio è forse quello più bizzarro ed è scelto da coloro che vogliono essere veramente alla moda. Si tratta di piccoli vasi, borse o bicchieri da portare in giro.

ORTO VERTICALE
Quando lo spazio scarseggia.
Pannelli con un substrato fertile e tante tasche, anche di stoffa, dentro le quali coltivare piante con radici poco profonde

ORTO RICICLATO
Per coloro che non vogliono sprecare plastica o vetro, utilizzare come vaso vecchie bottiglie di plastica tagliate, tetrapak, scatole in alluminio, etc..

ORTO IN TERRAZZO
Il più diffuso in Italia.
Un bel vaso può ospitare piante officinali, spezie e qualche piccolo ortaggio.
Attenzione all’esposizione solare e alla quantità di acqua.

ORTO RIALZATO
Da chi non dispone di un giardino o un lembo di terra, ma ha ampio spazio in cemento da poter sfruttare, oppure non è nelle condizioni di potersi chinare.

ORTO DIDATTICO
Trova sempre maggiore diffusione nelle scuole e nelle aziende agrituristiche, dove i bambini apprendono la stagionalità e la cultura della campagna.

Orto portatile

ORTO PORTATILE
No, per ora questa è solo un’installazione artistica vista ieri in piazza Castello a Milano per il Fuorisalone

Come avete visto, tra orti didattici, da balcone, verticali e sociali, ci sono persino quelli “da passeggio”.

Quest’ultima modalità andrebbe annoverata nell’indice delle fastidiose derive hipster meritevoli del rogo immediato, se non fosse che in questi giorni a Milano è diventata uno dei simboli del Fuori Salone in Piazza Castello. Non che sia da salvare per questo, però diciamo che l’estetica rural-chic è dalla sua parte, prova ne è la miriade di fotografie di graziosi vasetti all’ombra del Castello Sforzesco.

In qualsiasi forma la consideriate, quella dei rurbanities è una realtà in forte crescita, visto che in Italia dal 2011 al 2013 i numeri sono triplicati, gli orti urbani non si contano più e il contagio sembra più che virale.

Al di la’ dei consueti numeri a capocchia di Coldiretti (oggi il 46,2% della popolazione si e’ trasformata in coltivatore diretto del proprio terrazzo o fazzoletto di giardino anche a noleggio), la febbre dell’orto urbano ha contagiato gli italiani e tutto, è importante sottolinearlo, accade intorno o dentro alle città, tra speculazioni edilizie ‘so fifties e grattacieli di vetro.

In mezzo a questo tripudio di cemento metropolitano crescono pomodorini e melanzane.

La soddisfazione impagabile di poter azzannare il proprio ortaggio, quello che si è visto nascere, crescere e al quale magari è stato persino affibbiato un nomignolo è indubbia. Provo anche io la stessa sensazione quando dal bocciolo sul mio balcone si apre un fiore.

Dicono che la crisi abbia contribuito in modo massiccio alla proliferazione degli orti urbani, ma non si può ridurre tutto alla voce “spending review da GDO”. Tutto questo compiacimento da coltivatore è (anche) specchio dei tempi, ad esempio dei nostri lavori da scrivania virtuali fino all’eccesso, consumati in giornate interminabili di cattività da ufficio, respirando aria già respirata da altri per 8 ore negli open space.

Se, infatti, la maggioranza dei coltivatori amatoriali italiani sono i pensionati, si contano sempre più casalinghe e impiegati, e si abbassa l’età media: una sorta di trend trasversale, che non possiamo spiegare in maniera univoca.

Tutto intorno, intanto, ci si organizza con i mezzi moderni per portare avanti con successo la filosofia rurban: c’è il crowdfounding verde, i parchi pubblici zappati dai privati, gli orti come progetti sociali e (udite, udite) il personal trainer dell’orto.

Zappare in balcone is the new febbre del sabato sera. Non è un caso che la testimonial ufficiale della filosofia sia Michelle Obama, niente meno.

Fino a qui tutto splendido, mi viene voglia di riprovarci per l’ennesima volta con il basilico in balcone (era tutta colpa dell’esposizione del mio terrazzo, ne sono sicura).

Lasciatemi solo esprimere qualche perplessità sulle melanzane made in Milano, ma mi rendo conto che tutto questo è molto poco rurban.

[Crediti | Link: Repubblica, Varese News, Campagna Amica, immagine: Guardian]