Pizza fatta in casa: 8 errori che facciamo spesso

Gli 8 errori più comuni nella preparazione della pizza fatta in casa: quelli da evitare dalla lievitazione alla cottura, passando per la scelta della farina, del forno e delle farciture, il tempo e il contesto che ci circonda.

Pizza fatta in casa: 8 errori che facciamo spesso

Una cosa è abbastanza chiara: fare in casa una pizza come quella della pizzeria napoletana, o della pizza al taglio, non è affatto facile. Pur conoscendo i più comuni errori legati alla lievitazione, alla scelta delle farine e della farciture, all’uso del forno e ai tempi di maturazione.

Assodato che, comunque vada, e a meno di non avere in cucina un forno a legna o un elettrodomestico dalle prestazioni eccezionali, il risultato casalingo sarà sempre “altro” rispetto a quello professionale, sicuramente anche gli amatori possono aspirare a portare in tavola una pizza degna di questo nome

Dopotutto, fare la pizza in casa è la cosa più bella del mondo. È gratificante, riempie le giornate e genera una soddisfazione a dir poco unica. Vedere acqua e farina unirsi, crescere, svilupparsi e imbrunire all’interno del forno è sempre un’emozione.

Ve lo assicuro, ogni volta che inizio o termino una sessione di impasti e di sfornate, non posso fare a meno di ripercorrere ogni singolo attimo trascorso con questa passione stupenda. Non si arriva mai alla vetta, c’è sempre qualcosa da imparare, da scoprire e da migliorare, è uno stimolo continuo.

Fare la pizza in casa è alla portata di tutti, si può fare con strumenti presenti in tutte le cucine con ottimi risultati. L’importante però è evitare alcuni errori, come quelli che vado a segnalarvi.

Avere fretta: l’impasto richiede tempo

pane con lievito madreFare un impasto richiede tempo e pazienza, e soprattutto le prime volte dovete essere in grado di capire cosa sta succedendo e perché, in modo da standardizzare quanto prima il processo nel vostro contesto abituale, tarando i tempi di lievitazione con i vostri impegni, le temperature in casa e il vostro forno.

Avete fretta? Vi preme chiudere tutto il prima possibile in poche ore?
Pensate di impastare alla carlona, lasciare tutto in una ciotola e sperare in un miracolo?

Non iniziate nemmeno, risparmiate tempo, fatica ed ingredienti.

Avere paura: l’arte bianca richiede sicurezza

Farina di manitobaPotrebbe sembrare il consiglio più banale, ma è anche il primo che mi sento di dare SEMPRE.
Il 99% degli amatori che si approcciano all’arte bianca per la prima volta è letteralmente terrorizzato; nel toccare un impasto umido, nel lavorarlo, nello sbagliare, nel farcire e nel cuocere.

Avete talmente paura di bruciare un impasto steso da lasciarlo completamente crudo, bianchiccio e pallido.

La panificazione richiede una buona dose di sicurezza. Evitate di farvi prendere dal panico, di farvi assalire da mille dubbi su ogni piccolo aspetto; spesso le cose su cui vi concentrate non sono assolutamente rilevanti per la riuscita di una buona pizza (come la durezza dell’acqua, o il lievito mischiato alla farina o ai liquidi).

Il primo a risentire del vostro terrore sarà il povero impasto, che ne uscirà profondamente scosso.

Leggere la ricetta senza provare a capirla

Pizza fatta in casa, farina e ingredienti

In questo mondo esistono due tipi di persone: quelli ai quali interessa solo leggere un elenco di dosi e ingredienti senza corpo né anima, e quelli che cercano di comprendere il reale significato di ogni scelta riportata nel metodo descritto.

La ricetta non serve assolutamente a nulla. Vi dà una proporzione dei vari ingredienti, una sequenzialità delle fasi, ma si limita a questo.

Nel processo che vi porta dall’avere acqua, farina, lievito e sale ad una pizza pronta da mangiare intervengono una serie di variabili che dovete imparare a gestire, altrimenti sarà impossibile per voi non solo ottenere dei buoni risultati, ma anche comprendere gli errori fatti e replicare i vostri successi.

Dovete essere in grado di capire quando un impasto è pronto per essere tolto dalla macchina, quando deve essere messo in frigorifero, quando deve essere tolto, quando deve essere steso e per quanto tempo cotto. Ma tutti questi concetti cambiano fortemente in relazione alla temperatura di gestione di ogni fase; una pizza cotta a 320 °C non porterà allo stesso risultato di una cotta a 250 °C, e considerando che il vostro impasto può esser stato fatto più o meno bene, non potete nemmeno affidarvi a tempi di cottura empirici.

E già che ci siamo, vi aggiungo un dato destabilizzante: i tempi non esistono, che si parli di cottura, di lievitazione, di maturazione o di impasto. Non ci credete? Troppo scomodo? Io dico di no.

Quando un impasto è pronto per essere tolto dalla macchina? Quando è liscio, estensibile, asciutto, pulisce da solo la planetaria, l’impastatrice o la ciotola e se allungato si assottiglia senza rompersi, sintomo che la maglia glutinica si è formata a dovere.

Quando un impasto è pronto per essere messo in frigorifero? Quando parte la lievitazione.

Quando un impasto è pronto per essere tolto dal frigorifero? Quando ha triplicato di volume e risulta asciutto, uniforme e arioso.

Quando un impasto è pronto per essere steso? Quando il panetto formato qualche ora prima ha triplicato nuovamente di volume, e facendo un’impronta con il dito il segno rimane senza tornare indietro.

Quando un impasto è pronto per essere sfornato? Dipende da che pizza state facendo; in casa una teglia romana o di un trancio milanese il colore deve essere bruno, la base croccante e perfettamente caramellata.

Allora che dite, abbiamo forse tirato in ballo i tempi? Meglio capire quel che si sta facendo, invece che farsi guidare da variabili che potrebbero cambiare completamente in base al contesto.

Scegliere una farina a caso

farinaGira e rigira torniamo sempre lì, al problema della comprensione.
La farina è l’ingrediente fondamentale di ogni prodotto dell’arte bianca, non mi stancherò mai di dirlo.
È in base alle sue caratteristiche (e non all’acqua) che vengono determinate le proporzioni degli altri ingredienti, che cambiano completamente a seconda di una serie di aspetti:

  • Tipologia di prodotto che volete ottenere;
  • Tipologia di farina che usate;
  • Quanto tempo avete a disposizione.

Purtroppo non basta dire “usate 1 kg di farina”, e anzi, fuggite a gambe levate da chi vi propina queste fantomatiche “ricette” senza alcun senso.

Purtroppo non basta nemmeno dire “usate 1 kg di farina 00”, ma nemmeno “usate 1 kg di farina 00 W 300”; da mulino a mulino infatti le caratteristiche reologiche (osservate in laboratorio mediante test specifici) possono cambiare completamente, perché banalmente ogni produttore usa grani differenti con proprietà altrettanto differenti.

Una farina di tipo 2 del Mulino Rossetto non sarà uguale ad una farina di tipo 2 del Mulino Marino; cambierà la forza, la capacità di assorbire acqua ma anche il rapporto tra tenacità ed estensibilità, fondamentale per la stesura.

Per altro, nei supermercati raramente viene riportato anche solo il W; vi sono tabelle di conversione tra il W e la percentuale di proteine, ma si tratta di una grande approssimazione, in quanto non tutte le proteine sviluppano glutine.

Last but not least, per un mulino è possibile verificare le proprietà reologiche del solo grano tenero; per intenderci, non troverete mai il W di una farina di farro monococco, perché non è calcolabile.

Come fare quindi a tararsi?

Semplice (ma non banale): dovete imparare a conoscere la farina che state usando, non c’è altro modo.
Usate sempre un 5% di acqua in meno rispetto alle dosi preventivate, e se l’impasto ne richiede di ulteriore aggiungetela fino a chiuderlo. Evitate, soprattutto all’inizio, di fare mix di 3000 farine, perché introdurreste variabili su variabili aumentando le probabilità di errori.

Il più delle volte che vi capita un qualsivoglia problema in una ricetta, è perché non avete usato la farina corretta, oppure perché non l’avete trattata come si deve.
Troppo spesso infatti si confonde il mescolare con l’impastare: nella prima fase gli ingredienti vengono semplicemente miscelati e l’impasto si compatta, apparendo però ancora grezzo; è solo successivamente (grazie anche alla forza del vostro braccio o dell’impastatrice) che la maglia glutinica inizia a formarsi e l’impasto acquista estensibilità e tenuta.
Con farine ad alto assorbimento potreste fermarvi erroneamente al primo step pensando di aver già chiuso l’impasto, quando in realtà la strada è ancora lunga.

Mano a mano che inizierete a prendere dimestichezza, avrete gli scaffali pieni di pacchi di vario tipo, ve lo assicuro.

Non rispettare i tempi di maturazione

Il tempo di riposo è fondamentale per la riuscita di un buon impasto.
E alt, non è assolutamente per questioni inerenti alla digeribilità, ne abbiamo già parlato.

A seconda del tipo di farina usata potrebbe volerci più o meno tempo per garantire una struttura estensibile ma di una certa tenuta, lavorabile e bilanciata. Per il grano tenero tale processo può richiedere parecchie ore, ma quando la maturazione sarà compiuta lo vedrete con i vostri occhi: una massa liscia, uniforme, piena d’aria e ben asciutta.

Per questo è importantissimo evitare processi brevi, dalla durata di poche ore, in quanto l’impasto stesso non sarebbe pronto per dare il meglio di sé.

Durante questo periodo gli enzimi contenuti nel lievito e nella farina scompongono non solo le proteine ma anche gli zuccheri, aumentando l’efficacia anche della reazione di Maillard che avviene in cottura.
L’impasto sviluppa poi profumi molto marcati, impossibili da percepire durante le prime ore.

C’è tuttavia da sottolineare che anche prolungare la maturazione per tempi ingiustificatamente lunghi può portare più difetti che pregi. Il lievito consuma zuccheri semplici e produce anidride carbonica; se tutti gli zuccheri finiscono prima della cottura, si avrà un impasto “scarico”, che risulterà piatto, pallido e poco saporito.

Vi dicono che la vera pizza si fa solo con 196 ore di maturazione? Fuggite, fischiettando.

Voler fare la pizza napoletana senza il forno adatto

pizza napoletana

La pizza napoletana, nel forno di casa, non si può fare, ricordate? Senza un forno in grado di raggiungere almeno i 400 °C realizzare una napoletana non è difficile, è IMPOSSIBILE. Con questo non si vogliono sminuire le altre tipologie, ma solo porre dei limiti invalicabili.

La napoletana è un prodotto da forno lievitato, steso a disco sottile e cotto a temperature che vanno dai 400 ai 500 °C per un tempo che oscilla tra i 50 e i 90 secondi.

Il risultato è una pasta molto elastica nella stesura, morbida una volta cotta, al punto da essere ripiegata su se stessa a portafoglio o libretto. L’effetto croccante è assente o appena percettibile, il bordo rialzato (il famoso cornicione), la parte centrale sottile e coperta dai condimenti, con la maculatura tipica di una cottura rapida e aggressiva.

Se non rispettate queste prerogative avrete un prodotto magari ottimo, ma che non sarà definibile come napoletana.

Non comprendere l’importanza della farcitura

pomodori, barattolo

Quando piazzate i vostri ingredienti su una base dovete prestare particolare attenzione; non tutti cuociono nella stessa maniera e con gli stessi tempi, ma soprattutto alcuni potrebbero impedire al vostro impasto di sviluppare bene.

In una teglia romana infatti, il pomodoro andrebbe sempre messo in due fasi: la prima (in lieve quantità) dopo la stesura, e la seconda (con dose più generosa) a metà cottura. In caso contrario l’eccesso di condimento bagnerebbe l’impasto, impedendogli di crescere e cuocere come si deve.

Lo stesso vale per ingredienti pesanti come salsiccia, funghi o alcune verdure, che fermerebbero lo sviluppo della base. Valutate di pre-cuocerli prima da soli per poi adagiarli sulla pizza in un secondo momento, anche a crudo se necessario.

In ultimo, un errore frequentissimo: non dividete mai una teglia in sezioni condite in maniera diversa.
Se fate una parte margherita e una parte bianca, la prima cuocerà più lentamente a causa dell’umidità del pomodoro, quindi la seconda sarà troppo cotta o la prima troppo cruda.

Piuttosto dividete l’impasto per preparare più teglie, e destinatele a farciture differenti.

Non comprendere l’importanza della cottura

forno

Per quanto mi riguarda, la cottura riveste il ruolo di maggiore importanza in tutto il processo pizza.

È grazie alla cottura che i semilavorati si trasformano letteralmente, sfrigolando, imbrunendo, arrostendo e invadendo l’aria di profumi inebrianti. Ed è grazie alla cottura che un prodotto diventa digeribile, quando condotta nella maniera corretta.

Il risultato di questa fase deve essere un prodotto asciutto, dal colore bruno e uniforme dagli amidi perfettamente cristallizzati. Quando preparate la vostra pizza fatta in casa, non abbiate paura di cuocere: perché spesso e volentieri si sforna roba pallida con il timore di bruciare tutto, quando magari manca ancora la metà del tempo necessario per concludere l’opera.