L’Argentina non mangia più carne: inversione di consumi o crisi economica?

Il consumo di carne bovina in Argentina ha fatto registrare il livello più basso degli ultimi tre decenni: diamo un'occhiata alle cause.

L’Argentina non mangia più carne: inversione di consumi o crisi economica?

Impossibile e anche controproducente parlare di tendenze senza appoggiarsi alla solida natura dei numeri. Partiamo da una certezza, dunque: il consumo di carne bovina in Argentina, Paese che per gusto e tradizione è notoriamente legato a questo tipo di cibo (i dati della Fao indicano circa cinquanta chilogrammi all’anno per abitante, tanto per intenderci), ha toccato il minimo storico nel primo trimestre del 2024.

A riportarlo è la stessa Camera della carne argentina, uno dei maggiori esportatori di bovini al mondo, in rapporto talmente eloquente da rendere superfluo ogni nostro commento: “Il consumo di carne bovina è stato pari a 499,7 mila tonnellate nel periodo gennaio-marzo di quest’anno, inferiore del 17,6% rispetto a quello registrato nello stesso trimestre del 2023, segnando il record più basso degli ultimi tre decenni”. Il crollo dei consumi, in altre parole, è innegabile: quali possono essere le sue cause?

Crisi economica e i casi dall’altra parte dell’Oceano: un’occhiata all’Argentina

carne vegetale

I nostri lettori più attenti non mancheranno di farci notare che l’Argentina sta attraversando una congiuntura economica particolarmente – e qui permetteteci di usare un eufemismo – problematica, che senza ombra di dubbio avrà intaccato le abitudini di consumo dei cittadini (un po’ come capitato dalle nostre parti, insomma: ricorderete che il Rapporto Coop 2022, macchiato dallo scoppio della guerra e dagli strascichi della pandemia, aveva segnalato contrazioni di consumo per gli alimenti più costosi).

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Qualche esempio sparso – l’Argentina ha fatto registrare un tasso di inflazione al 287,9% nel mese di marzo (fonte: TradingEconomics), e il neo presidente Javier Milei ha fondamentalmente reintrodotto gli stipendi in natura. Che in questo clima evidentemente complicato i consumi di carne abbiano subito una contrazione pare forse addirittura scontato – basti pensare, per citare ancora qualche dato, che sempre nel mese di marzo i prezzi della carne bovina sono di fatto aumentati del 9,8% rispetto a febbraio e del 278% su base annua -; ma è bene notare che quello del Paese sudamericano non è un caso isolato.

Attraversando l’Oceano Atlantico fino al Vecchio Continente, infatti, scopriamo che anche la Germania ha fatto registrare un notevole calo dei consumi di carne:  i dati ufficiali, redatti dalle autorità di settore, indicano che per la Germania il 2022 è stato l’anno con il consumo pro capite di carne più basso dall’inizio delle registrazioni (1989) – una contrazione accompagnata dal fatto che il Paese spicca per il primo fatturato in Europa e il maggior potenziale di mercato per i prodotti a base vegetale.

Allargando lo sguardo a comprendere l’intero continente europeo la storia non cambia: secondo una recente indagine un consumatore su due ha ridotto il proprio consumo di carne orientandosi verso altre alternative. In definitiva, se la crisi economica ha certamente giocato un ruolo in questo cambiamento delle abitudini, pare giusto anche prendere in considerazione il fatto che potremmo trovarci di fronte ai prodromi di una piccola grande rivoluzione alimentare.