Reestogreen su Food Network, recensione: come insegnare l’anti spreco sprecando gli ingredienti

Reestogreen, il nuovo programma di ricette su Food Network, si gioca malissimo la carta dell'anti-spreco e getta una brutta ombra sulla ristorazione: la nostra recensione.

Reestogreen su Food Network, recensione: come insegnare l’anti spreco sprecando gli ingredienti

Se quello proposto da Reestogreen su Food Network – nuova trasmissione con Chiara Carcano e chef Federico Fusca – rappresenta il massimo dell’insegnamento anti spreco in Italia, siamo davvero messi malissimo. La sfida coinvolge tre ristoranti in ogni puntata, ognuno dei quali propone una ricetta anti-spreco usando tutti i 7 ingredienti imposti dagli autori. I cuochi sono liberi di eliminarne uno solo, per non usarlo o per sostituirlo. Il format non funziona: gli ingredienti selezionati sono troppi per rappresentare l’anti-spreco, e per natura sono anche difficili da “sprecare”, quindi non capisco dove sia la sfida. In più non insegna alcunché: è solo pubblicità al ristoratore, che non arriva molto oltre al consiglio sul brodo con gli scarti delle verdure.

Soprattutto, Reestogreen usa (male) un importantissimo argomento solo per scopi mediatici e getta anche un’ombra triste sulla ristorazione, se il titolo di “ristorante più etico” è associato a ciò che si vede in questo programma. Faccio qui un appello alle attività che si lasciano conquistare dal brivido della notorietà e della tv: vi prego, riflettete su quello che state facendo voi, e su ciò che vi stanno chiedendo di fare.

Il Nonsense alla base

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Anti spreco imponendo l’uso di sette e più ingredienti in un solo piatto. L’anti spreco è anche saper preparare una pietanza usando meno sapori possibile, o perlomeno che seguano un filo logico tra di loro. Qui abbiamo uova, salsiccia, verdure dell’orto, guanciale, farina (tutti ovviamente usano la 00, sia mai usarne altre), pasta secca e tofu. Non capisco a cosa servono quattro proteine per una pietanza sola, e in che modo di solito la gente spreca salsiccia e guanciale.

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Inoltre, perché coinvolgere i ristoranti se la pietanza suggerita non è già sul loro menu o se non hanno una filosofia etica alle spalle? Lo scopo della trasmissione è andare “in giro per l’Italia alla scoperta dei ristoranti più etici” ovvero che non sprecano cibo, e nessuno crea la ricetta tenendo il food waste come fulcro, per proporre invece ricette normalissime con qua e là consigli elementari e scontati su ciò che hanno deciso loro stessi di avanzare o non usare. Nonsense.

Anti spreco a parole, o poco istruttivi

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L’anti spreco è qualche consiglio a parole (“con gli scarti della verdura fate un brodo”, “con gli albumi fate una cottura al sale”. Urca, che perle.) o qualche tecnica inutile. Inutile perché inserita dal ristoratore solo perché costretto a usare tutto ciò che aveva a disposizione. Il risultato è che, spesso, l’anti spreco rappresenta la decorazione della pietanza – dunque qualcosa di cui a monte si poteva fare a meno. Sembra una presa in giro. Un esempio? La prima “carbonara”, dove della melanzana è usata solo la buccia fritta e solo per decorare il piatto.

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In sole tre ricette si è visto anche un anti spreco fatto male, parziale. Delle uova, i ristoratori usano perlopiù il tuorlo (facile la vita) mentre gli albumi sono o non più menzionati, usati in un centesimo della loro quantità per impastellare le verdure (sempre usate come decorazione) o tenuti da parte “per altre ricette” come “i pancakes proteici per rimanere fit“. Infine, la stagionalità: cosa ci fanno i carciofi in piena estate (momento in cui hanno evidentemente girato la trasmissione)? Anche questo è spreco.

Il tofu per lavarsi la coscienza

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Parliamo un attimo del tofu, sul quale si sono accaniti in maniera imbarazzante. Due ristoratori lo hanno eliminato per sostituirlo. Il terzo lo ha usato ma senza avere la minima idea di come valorizzarlo e inserendolo nella pietanza letteralmente a caso: è una pena vedere quel panetto scondito grattugiato a mo’ di parmigiano, giusto per l’idea anti spreco perché doveva inserirlo a tutti i costi. Si ha proprio la sensazione che gli autori abbiano incluso il tofu nei 7 ingredienti di sfida per lavarsi la coscienza dopo il trionfo di bestie selezionate per l’audience (uova, guanciale, salsiccia). Oppure hanno volutamente provocato l’audience romanesca inserendo il tofu proprio nella puntata con le trattorie laziali.

L’inutile puntata sul pesce

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Pangrattato, limone, sedano, pomodorini, ricotta salata, calamari e alici: ecco gli ingredienti imposti per la puntata sul pesce, con lo “scopo di valorizzarlo in ogni sua parte senza spreco“. Mi chiedo cosa ci sia da sprecare in calamari ed alici, due esemplari cucinate e mangiati così come sono, eliminando parti non commestibili né utilizzabili per altri scopi edibili.

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Paranoie mie inutili, perché tanto calamari e alici sono già puliti belli pronti all’uso, sul set dei ristoratori. Sapete come non sprecare nulla del pesce? Non buttando via nulla del sedano. Ecco il massimo impegno nella puntata dedicata al mare.

Viva l’originalità

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Sempre a proposito di tofu, ho scritto che in puntata è stato sostituito per ben due volte. Non solo, è stato sostituito per ben due volte con il pecorino romano. Non solo, è stato sostituito per ben due volte con il pecorino romano per fare una carbonara rivisitata. Avanguardia pura. Anche il fritto è abusato: tre su tre partecipanti hanno fritto verdure o scarti di verdure per impreziosire una pietanza già pesantissima.

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Con i sette ingredienti nella prima puntata, poi, si sarebbe potuto giocare di più. La farina, per esempio: se uno degli elementi era già la pasta, perché a nessuno è venuto in mente di non usare la farina? Si sarebbe potuto eliminare la pasta e dar precedenza alla farina, per esempio proponendo una verdura a foglia ripiena. Ma siamo in Italia, senza pasta moriamo nel peccato.

Siparietti di cui potevamo fare a meno

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Lo chef Federico Fusca è inserito nella trasmissione senza altri scopi se non quello di intrattenere (?) tramite l’irriverenza toscana. Ebbene, se ne poteva fare a meno, anche perché non attinenti. Nel bel mezzo di una cucinata entra vestito da centurione mostrando un cartello con la scritta “nella nostra carbonara non c’è panna!!“. Quale sia il motivo non è chiaro, visto che il cuoco stava cucinando una carbonara completamente rivisitata rispetto a quella dell’immaginario collettivo. Non perdetevi poi l’esilarante battutona a sfondo lascivo, quell’ammiccante “pelo del carciofo da eliminare, perché il pelo non è buono da nessuna parte“. Che brutto imbarazzo.