Tofu vs tempeh: quali sono le differenze?

Le differenze tra tofu e tempeh, alimenti base della dieta veg, per origine, materie prime, produzione, valori nutrizionali e usi in cucina.

Tofu vs tempeh: quali sono le differenze?

Sul banco frigo del supermercato sono esposti sempre in coppia, i più tendono a confonderli o a dare per scontato che in fondo uno vale l’altro, per giunta i nomi dai suoni simili non aiutano. Eppure tofu e tempeh non sono affatto la stessa cosa e oggi rispondiamo alla domanda più cliccata da motore di ricerca: quali sono le differenze? La risposta tuttavia non è altrettanto immediata e semplice. Entrambi sono derivati della soia (ma non solo) e grazie a consistenza e caratteristiche nutrizionali sono largamente adottati dalla cucina vegetariana e vegana. Questi i (pochi) punti in comune: il resto diverge, da origine storica e geografica a materie prime, produzione, tipologie, valori nutrizionali e usi in cucina.

Conoscerli significa apprezzarli e con questa piccola guida ci auguriamo di allargare la vostra prospettiva culinaria a nuovi e versatili ingredienti. Ecco tofu vs tempeh, ovvero tutte le differenze che vale la pena conoscere.

Origine

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Il trend di tofu e tempeh in variopinte e assolutamente sovrapprezzate bowl proteiche ci sembra molto moderno nel nostro mondo del qui e dell’oggi. Tuttavia bisogna sapere che si tratta di due ingredienti di provenienza asiatica calati a pieno in tradizioni culinarie vecchie di secoli se non millenni. Partiamo dal tempeh tipico dell’Indonesia, in particolare dell’isola di Java. Fun fact: la trascrizione originale sarebbe témpé, mentre tempeh con l’acca è derivato dall’inglese per enfatizzare la pronuncia della e finale (e scongiurare la tentazione di pronunciarlo semplicemente temp). La parola stessa fa riferimento a una generica categoria di fermentati da legumi prodotti a Java da centinaia di anni. Tuttavia si teorizza che fu soltanto con l’introduzione del tofu da parte di immigrati cinesi nel Diciassettesimo secolo che prese avvio la produzione di tempeh come la conosciamo oggi. In altre parole, la sua origine sarebbe frutto di un’incidentale fermentazione dei semi di soia a opera di un agente fungino. Ci torniamo fra poco.

Molto più antica e leggendaria la storia del tofu cinese (dòufu) la cui origine si colloca tra i 2200-2100 anni fa: insomma, è più vecchio il “formaggio” di soia che il cristianesimo. Le teorie collegate alla scoperta o invenzione del tofu sono molteplici. La più famosa, in perfetto stile cinese collegato a personaggi di spicco e prestigio, è attribuita al principe Liu An della dinastia Han che evidentemente, oltre al governo della provincia di Anhui, aveva il pallino della cucina. Un’altra teoria è quella, di nuovo, di un incidente di percorso: i semi di soia mescolati per sbaglio con del sale di calcio si ridussero in gel favorendo la coagulazione. Infine c’è la teoria dell’emulazione rispetto alle tecniche di coagulazione del latte dei popoli mongoli ripensata per quello di soia. Il tofu divenne popolare nel corso dei secoli successivi, dapprima con l’esportazione verso Giappone e Sudest asiatico e più tardi con l’avvento del buddismo e delle discipline zen come sostituto proteico di carne e pesce. Come vedete, la storia si ripete.

Materie prime

legumi e cereali

Nonostante entrambi siano annoverati genericamente tra i derivati della soia, tofu e tempeh possono essere costituiti da altri ingredienti. La materia prima del tofu è il latte di soia e su questo non ci piove. Esistono tuttavia preparazioni tradizionali simili denominate “tofu” sparse in tutta l’Asia orientale che usano come base farina di ceci o piselli (Myanmar), arachidi (Okinawa), uova e dashi (Giappone), per non parlare di nuove start-up sostenibili che puntano tutto sul tofu di piselli. Discorso diverso per il tempeh ricavato da legumi e cereali in maniera piuttosto libera e arbitraria. Quello di soia è forse il più famoso, ma anche in Italia è facilissimo trovare tempeh di ceci, piselli, fagioli, riso, lenticchie, lupini, miglio, orzo, avena, arachidi. Ve li consigliamo tutti, da soli o in combinazione, per un profilo organolettico più saporito e deciso.

Produzione

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La vera grande differenza tofu vs tempeh sta nella produzione: coagulazione vs fermentazione, da cui diverse consistenze e soprattutto diversi valori nutrizionali. Partiamo dal tofu o latte di soia coagulato. Gli agenti preposti alla separazione tra “cagliata” e “siero” possono essere salini (solfato di calcio o nigari, derivato dall’evaporazione dell’acqua marina), acidi (GDL, aceto, acido citrico) o enzimatici (come la papaina, enzima proteolitico ricavato dalla papaya). Una volta avvenuta la formazione del gel, il tofu può essere pressato per rimuovere il liquido in eccesso, formato ed eventualmente aromatizzato. Come potrete immaginare il tofu fatto in casa è una bella gatta da pelare, ma chi siamo noi per scoraggiarvi.

Fare in casa il tempeh è invece molto più semplice. Basta munirsi delle spore di Rhizopus oligosporus, fungo responsabile della fermentazione il cui micelio avvolge e compatta i semi di soia o altra materia prima in un unico blocco. Il Rhizopus viene ricavato dalle foglie di ibisco, le stesse usate a Java per avvolgere alcune pietanze. Nel giro di 48 ore, alle giuste condizioni di temperatura, pH e umidità, il micelio crea letteralmente il tempeh dandogli forma, colore e consistenza. Cambia anche il sapore, tipicamente umami con sentori di fungo, frutta secca e affumicato.

Tipologie

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Le tipologie più diffuse di tofu si distinguono in base alla pressatura e in qualche caso alla fermentazione. Ecco quali sono:

  • Non pressato: o silken di consistenza soffice e umida, usato principalmente come sostituto di uova e latticini e come ingrediente per frullati e dolci da forno;
  • Pressato: firm o extra-firm di consistenza compatta tipo feta o paneer (formaggio indiano ndr), viene usato in piatti salati come noodles, riso e stir fry;
  • Fermentato: o stinky tofu (puzzolente) caratterizzato da sapore e aroma penetranti, da preparare preferibilmente fritto e sauté;
  • Yuba o pelle di tofu: sottile membrana derivata dalla coagulazione, usata per involtini e condimento di noodles e riso.

Le tipologie di tempeh indonesiano possono essere distinte in base agli ingredienti utilizzati e alle tempistiche di produzione. Ecco quali sono:

  • Kedeleclassico a base di soia;
  • Gembustradizionale a base di okara o “polpa” di soia, prodotto insolubile ricavato dalla coagulazione del latte;
  • Semangittempeh maturo (in javanese si traduce anche con “di ieri” e “quasi marcio”) dal sapore e aroma pungenti;
  • Gódhóngtempeh tradizionale avvolto in foglie di banano.

Valori nutrizionali

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Sia tofu che tempeh sono considerati alimenti altamente proteici e devono principalmente a questo il loro successo tra vegetariani e vegani. Tuttavia è bene sottolineare quali sono in dettaglio le differenze a livello nutrizionale. In particolare il tofu contiene tutti gli amminoacidi essenziali, è un’importante fonte di calcio e il suo consumo è collegato al benessere di ossa, elasticità dei tessuti e prevenzione contro diabete e malattie cardiovascolari. Attenzione però: il processo di coagulazione non elimina anti-nutrienti della soia come fitati (che impediscono l’assorbimento di minerali essenziali) e inibitori della tripsina, enzima fondamentale per la digestione delle proteine.

Appurato che i cibi fermentati fanno bene, non sorprende che il tempeh sia in cima a tante liste di raccomandazioni nutrizionali. Oltre a un contenuto di proteine quasi doppio rispetto al tofu, il tempeh è una discreta fonte di probiotici e prebiotici per il benessere del microbiota intestinale oltre che per digestione e riduzione delle infiammazioni. Inoltre, grazie alla fermentazione, anche in caso di soia qui non c’è pericolo di acido fitico. Altri benefici includono controllo dei livelli di colesterolo, riduzione dello stress ossidativo e rafforzamento dello scheletro.

Usi in cucina

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Benché ricordati principalmente nel loro ruolo di degni sostituti di carne e pesce, ci piace pensare a tofu e tempeh come ingredienti a sé stanti caratterizzati soprattutto da versatilità in cucina. Partiamo dal tempeh, il cui uso è forse più limitato a causa della consistenza e del sapore intenso. Fatto a fette o a dadini può essere saltato, arrostito, cotto in umido e al vapore. Va ad arricchire insalate, pokè bowl, noodles asciutti e in brodo, riso e curry di verdure. Alcune ricette tradizionali includono tempeh goreng, fritto con aglio e semi di coriandolo, tempeh bacem brasato in acqua di cocco, tempeh kering fritto con spezie e salsa piccante.

Il tofu al contrario, grazie alla sua ampia gamma di consistenze e il sapore decisamente più blando, si incorpora facilmente in piatti sia salati sia dolci. Dalla griglia alla padella, ad esempio saltato con anacardi, fino alle mille preparazioni che lo vedono protagonista nel wok compresa quella tradizionale del mapo tofu sposato a carne e salsa di fagioli fermentati. E poi c’è il silken tofu soffice e cremoso con cui sbizzarrirsi, dalla mantecatura del risotto ai dolci da forno. Fra i più gettonati c’è sicuramente la cheesecake vegan, ove può facilmente sostituire il formaggio fresco, mentre in torte, brownie e mousse al cioccolato fa senza problemi le veci delle uova.