Cosa mangiare a Lisbona: i 20 piatti tipici da provare

Cosa mangiare a Lisbona. Ovvero, i 20 piatti tipici, ricchi di storia e aneddoti, che non potete perdervi se siete in viaggio nella capitale del Portogallo.

Cosa mangiare a Lisbona: i 20 piatti tipici da provare

Per la stragrande maggioranza di noi italiani, Portogallo significa Lisbona. Una capitale tremendamente affascinante, un po’ sgarrupata certo, quel tanto che basta a renderla unica nel suo genere e ad abbassare i prezzi di voli e hotel. Se negli anni è diventata meta turistica sempre più gettonata, deve il suo successo anche al cibo. Cosa mangiare a Lisbona, dunque?

Come vedremo, la cucina tipica di Lisbona si caratterizza per una serie di ingredienti ricorrenti: sardine (in scatola e non), baccalà o meglio bacalhau in tutti i modi, uova che spuntano un po’ dappertutto fra dolce e salato e, purtroppo o per fortuna, coriandolo a manetta. Poi ci sono le ricette di carne, molto spesso interiora, il pesce di altissima qualità a cui basta soltanto un filo d’olio e la serie di piatti “con dedica” a personaggi del passato. Insomma, una cucina mediterranea e variegata, semplice, genuina e, dettaglio non trascurabile, davvero a buon mercato.

In più a Lisbona si mangia senza sentirsi troppo in colpa: per chi fa a meno del servizio tram infatti, si smaltisce tutto in men che non si dica a forza di scarpinate saliscendi attraverso i tortuosi vicoli della città.

Ecco la lista dei 20 piatti tipici di Lisbona, quelli che non potete assolutamente perdere nel vostro prossimo viaggio.

Coriandolo

coriandolo

Mettetevi il cuore in pace. Proprio come il suo compare prezzemolo (perlomeno sul piano proverbiale), il coriandolo è un ingrediente onnipresente nella cucina locale: spunta un po’ ovunque, dall’antipasto ai piatti principali, soprattutto se si parla di ricette tradizionali. La diatriba sulla soglia di sopportazione del coriandolo è uno degli argomenti più affascinanti per studiare la variabilità genetica fra individui, almeno a tavola come spiega bene Dario Bressanini. Dunque, se siete tra gli individui che il coriandolo proprio non lo possono vedere, sappiate che a Lisbona dovrete farci i conti quotidianamente. Oppure provate a impietosire il cameriere con un sem coentro por favor”, e fateci sapere com’è andata.

Ginjinha

ginjinha

Se, passeggiando tra i furtivi vicoli dell’Alfama – uno tra i più antichi e suggestivi quartieri della città – qualche signora un po’ attempata richiama la vostra attenzione con un cenno del capo o un occhiolino, non pensate male. Quello che sta cercando di offrirvi in realtà (lo sappiamo che avete pensato male!) è un bicchiere di ginjinha fatta in casa. Ma casa davvero, perché gli affacci dei piccoli “chioschetti” improvvisati danno proprio sui minuscoli salotti e cucine dove spesso parenti e amici si ritrovano per fare due chiacchiere tra un sorso e l’altro.

Note folkloristiche a parte: cos’è la ginjinha? Si tratta di un liquore di amarene (in portoghese ginja) tipico della regione di Lisbona ma anche Estremadura e Algarve. L’azienda storica della città produce ginjinha dal 1840 e porta il nome del frate a cui viene attribuita la paternità della ricetta, Francisco Espinheira della chiesa di Sant’Antonio in Praça de São Domingos. Tra una preghiera e l’altra, Francisco si accorse di quanto fossero buone le amarene lasciate in infusione in aguardiente, l’acquavite portoghese, con un po’ d’acqua, zucchero e cannella. Il drink ebbe da subito un successo clamoroso, e le numerose “manifatture” domestiche resistenti ancora oggi lo dimostrano. Provate la ginjinha all’ora dell’aperitivo con aggiunta di frutta (com elas) o pura (sem elas), e sorseggiatela godendovi il tramonto da uno dei numerosi miradouro della città.

Caracóis

lumache-pane

Li avete riconosciuti? A qualcuno verranno subito in mente i babbaluci, must per tutti gli amanti dello street food di Palermo. Più o meno stiamo parlando della stessa cosa: in portoghese caracóis significa proprio “lumache”, in questo caso piccole e direttamente dal mare. Snack estivo per eccellenza, i caracóis si gustano solitamente tra maggio e agosto. Per farlo basta un filo d’olio, aromi a piacere (aglio, prezzemolo, coriandolo, alloro) e l’immancabile stuzzicadenti per estrarre, una dopo l’altra, le saporitissime lumachine portoghesi.

Peixinhos da horta

tempura

Il nome significa letteralmente “piccoli pesci dell’orto”, e questo curioso snack a prima vista sembra effettivamente un fritto misto di paranza. In realtà i peixinhos da horta altro non sono che fagiolini in pastella: leggenda vuole che la ricetta, esportata in Giappone nel Sedicesimo secolo dai gesuiti portoghesi, costituì la base per lo sviluppo della tecnica del tempura. Questi simpatici non-pesci verdi sono ideali all’ora dell’aperitivo, sicuramente un’ottima alternativa alla solita triade patatine-olive-noccioline. Da sgranocchiare sorseggiando un bicchiere di vinho verde fresco e fruttato.

Sardinhas assadas

sardine-brace

Simbolo pop della città, prodotto principe dell’industria conserviera locale e snack tradizionale della festa di Sant’Antonio (il patrono della città festeggiato la notte tra il 12 e il 13 giugno), le sardine a Lisbona sono dappertutto. Addirittura dal 2010 la città gli dedica un contest completo di mostre, workshop ed eventi. Fateci caso: le trovate appese per aria, dipinte sulle ceramiche degli azulejos, stampate sulle scatolette coloratissime che riempiono i negozi a loro completamente dedicati, insomma non c’è verso di liberarsene.

Soprattutto nel periodo estivo, oltre a vederle vi toccherà pure annusarle. Le sardinhas assadas sono lo street food che sfrigola sulla griglia spargendo il su0 profumo inconfondibile per le vie della città. Si tratta di sardine alla brace condite con sale grosso e nient’altro, spesso servite su una bruschettona ben oliata (sardinhas no pão). Se vi sentite temerari è d’obbligo consumarle intere, lisca e interiora comprese. E, se vi sentite creativi, ecco le 5 idee migliori per mangiarle.

Bifana e prego no pão

panino

Proseguiamo sul tema street food con la bifana, il succulento panino ripieno di lonza di maiale. La carne viene lasciata marinare con paprika, alloro, aglio, olio e vino bianco e poi rosolata nel suo sughetto. Alla fine risulta estremamente tenera e succosa, piacevolmente piccante grazie al tocco di piri-piri (un tipo di peperoncino etiope) che di solito insaporisce la salsa. Un bocconcino che si azzanna con somma soddisfazione e che è pure vergognosamente a buon mercato: il nostro consiglio è di devolvere il resto alla “causa” di una bella birra fresca, in questo caso l’accompagnamento ideale.

L’alternativa, per chi non volesse o non potesse mangiare carne di maiale, è il prego. Si tratta, in sostanza, della stessa cosa ma stavolta il panino è ripieno di vitello: le fette di carne sono più spesse e di solito vengono insaporite con limone, aglio, sale e pepe. Il nome significa letteralmente “chiodo” e nessuno sa o si ricorda perché (qualcuno ipotizza che derivi dall’atto di infilare lo spicchio d’aglio a fondo nella carne, chissà). Certo è che non ci si può accontentare di un prego da solo: la combo da provare è con cipolle stufate, uovo fritto, riso e patatine.

Ovos verdes

scotch-egg

Fra gli antipasti tipici, a Lisbona non possono mancare gli ovos verdes. Non serve un dizionario portoghese-italiano per capire di cosa stiamo parlando: le cosiddette “uova verdi” non sono altro che uova ripiene e fritte in pastella, dall’aspetto molto simile alle più note scotch eggs britanniche. Il verde deriva dal coriandolo/prezzemolo aggiunto al mix di tuorlo, pane ammollato nel latte e peperoncino inserito al centro delle uova tagliate a metà. Dopodiché si passano nel pangrattato e si friggono in olio bollente. Il risultato? Cofanetti di uova sfiziosi e croccanti da inzuppare generosamente in salsa aioli o maionese piccante.

Ameijoas à Bulhão Pato

vongole in guazzetto

Perché dedicare un piatto a uno scrittore e poeta? Beh, se oltre al valore artistico ed evocativo il nostro è anche un godereccio gastronomo, allora il cerchio si chiude alla perfezione. Tale fu Raimundo António de Bulhão Pato poeta, saggista e memorialista ultra-romantico (non lo diciamo noi, è proprio la corrente artistica che si chiama così) nonché entusiasta bon vivant della sua epoca, il Diciannovesimo secolo. Questo piatto di vongole in guazzetto aromatizzate con aglio, olio e coriandolo, è l’omaggio di un altro grande personaggio di spicco nella cultura portoghese: lo chef João da Matta, una delle prime celebrità in cucina che nel secondo Ottocento deliziò i palati dei più noti intellettuali e politici nel suo ristorante di Lisbona. Insomma, dietro al nome altisonante e al passato illustre si nasconde un piatto semplicissimo, da gustare con una bella fetta di pane croccante abbrustolito.

Fava rica

fave

Fave secche, acqua e sale: detta così sembra un macco di fave, il piatto tipico di Sicilia, Puglia e Calabria. Non solo in Portogallo infatti, ma in tutto il Mediterraneo le fave sono un alimento tradizionale, povero ma straordinariamente proteico e occasionalmente arricchito da salsiccia, chorizo o lardo a seconda del luogo in cui ci si trova. E “ricca” è proprio l’appellativo dato a questa zuppa di fave secche dalle venditrici che, un tempo, la declamavano ai potenziali clienti. “Há fava riiiiica!” gridavano al mercato: e così l’aggettivo è rimasto appiccicato al suo nome, designando una specialità di altri tempi che ancora oggi potete assaggiare nella tascas più tipiche della città.

Cataplana de marisco

cataplana

Sull’onda di tajine e paella, questo corposo stufato di pesce fa parte di quei piatti che prendono il nome dal contenitore in cui vengono cucinati. La cataplana infatti è il tipico tegame metallico costituito da due semisfere a chiusura ermetica utilizzato in Portogallo fin dal Medioevo, una specie di antenato della pentola a pressione. Ovviamente si può utilizzare per svariate ricette, anche a base di carne e verdure. La nostra preferita è la versione di pesce misto con vongole, cozze, gamberi e totani: aspettatevi porzioni molto abbondanti, rigorosamente da dividere con il vostro commensale (congiunto) preferito.

Pataniscas de bacalhau

polpette-di-baccalà

Un classico intramontabile di Lisbona e della cucina portoghese tutta, il baccalà è un po’ come i gamberi di Bubba, l’amico e commilitone di Forrest Gump: stufato, bollito, arrosto, con i ceci, con la carne… Ne esistono centinaia di ricette o, per dirla alla portoghese, confecionado de mil e uma manieras. Noi per comodità ne abbiamo scelte tre, tutte caratterizzate dalla presenza delle uova, altra ossessione culinaria dei nostri amici portoghesi.

Cominciamo dall’antipasto con le pataniscas, altrimenti dette pastéis de bacalhau, deliziose crocchette di baccalà fritte in pastella con aggiunta opzionale di patate. Semplicissime da preparare, potete replicarle a casa con la nostra ricetta di polpette di baccalà al forno, dal doppio vantaggio: si gustano senza muoversi da casa e con meno sensi di colpa grazie alla cottura più salutare.

Bacalhau à Brás

baccalà-lisbona

Il Bairro Alto è il quartiere delle tascas e della vita notturna: soprattutto, è considerato il luogo di nascita del bacalhau à Brás, una delle specialità di baccalà più famose non solo a Lisbona ma in tutto il Portogallo. La dedica “à Brás” stavolta è indirizzata al suo inventore, un taberneiro che evidentemente decise di unire in un unico piatto gli ingredienti più amati della cucina locale. E ci ha visto giusto. Il connubio di filetti di baccalà serviti con patatine fritte, olive, cipolle e uova sbattute si è rivelata una scelta vincente: la ricetta ha attraversato i confini nazionali trovando successo soprattutto in Spagna, dove è meglio conosciuto con il nome di revuelto de bacalao a la portuguesa.

Meia-desfeita

baccalà-ceci-uova

Completiamo il terzetto del baccalà di Lisbona con un altro piatto unico. A essere precisi il nome completo sarebbe desfeita de bacalhau com grão: per tutti però si chiama meia-desfeita, traducibile con “metà porzione”. Questa insalata di filetti di baccalà con ceci e uova sode nasce nel quartiere di Mouraria come piatto per poveri, così poveri da non potersi permettere nemmeno il pasto tutto intero. Oggi per fortuna non abbiamo di questi problemi, anzi: la meia-desfeita è così a buon mercato che potete permettervi di ordinarne anche doppia e tripla dose.

Questa, beninteso, era solo una microscopica parte del ricettario portoghese dedicato al baccalà. C’è da dire però che anche noi italiani ci difendiamo bene su questo fronte, con una serie di piatti tipici che variano da regione a regione con nomi anche diversi (stoccafisso, stocco, brandade) ma fatti pur sempre della stessa sostanza. Ecco4 modi per portare il baccalà in tavolae provare a rivaleggiare con gli amici portoghesi.

Polvo à lagareiro

polpo e patate

Insomma, arrivati a questo punto lo abbiamo capito, il pesce a Lisbona va per la maggiore. Il protagonista dell’ultimo piatto per questa categoria è il pulvo à lagareiro, ovvero polpo stufato e grigliato, tenerissimo quando la cottura è al punto al giusto. In questa versione il nostro cefalopode preferito nuota, sì, ma in una salsa a base di olio, aglio e prezzemolo: l’attributo à lagareiro significa infatti “del frantoiano”, ovvero dello spremitore di olive. A completare il tutto le patate novelle da inzuppare nell’intingolo godurioso. Curiosi di assaggiarlo? Portate il Portogallo a casa vostra con la nostra ricetta infallibile di polpo e patate.

Bife à Marrare

carne-salsa

Se non la trovate, sappiate che viene chiamata anche bife à Café o bife com mohlo à Café. Tuttavia, per soddisfare la nostra “fame” di aneddoti culinari l’appellativo “à Marrare” ci sembrava molto più interessante. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un piatto con dedica: il protagonista è un nostro connazionale, Antonio Marrare, napoletano che si trasferì a Lisbona sul finire del Settecento e avviò numerosi (e popolari) caffè. Tutti, a partire dal primo nei pressi del Teatro Nacional de São Carlos, divennero in breve tempo ritrovi dell’alta società. E, a ben vedere, non si trattava soltanto di moda: nei locali di Marrare effettivamente si beveva e si mangiava bene.

E fu proprio nel celebre Café da Rua dos Sapateiros del 1804, anche conosciuto come “Marrare das Sete Portas”, che nacque il signature dish di cui vi parliamo: filetto di manzo generosamente irrorato di salsa alla panna, e accompagnato da patate e pane (tutto quello che serve per fare la scarpetta insomma). La carne di solito viene cotta in due tempi: prima velocemente in padella da entrambi i lati, e poi incorporata alla salsa già mantecata. Del piatto esistono numerose varianti con latte, burro e margarina; altri ingredienti tipici sono aglio, semi di senape e succo di limone.

Carne de porco à alentejana

maiale-vongole

Abbiamo parlato dell’importanza del pesce nella cucina locale: non si può fare a meno di incorporarlo, anche dove meno ce lo si aspetta. La carne de porco à alentejana è un curioso connubio di sapori che a prima vista, siamo sinceri, suscita qualche perplessità. Si tratta infatti di uno spezzatino di maiale e vongole: la carne viene lasciata a marinare il più possibile in vino bianco, aglio, paprika e alloro, poi cotta lentamente con l’aggiunta di pomodoro, massa de pimentão (una pasta a base di peperoni rossi fermentati) e, appunto, vongole. Una bella spolverata di coriandolo (rieccolo) et voilà, la creazione mari-e-monti (è proprio il caso di dirlo) è pronta. Chi l’ha provata ha giurato che lascia stupefatti: nel bene o nel male, lo lasciamo decidere a voi.

Iscas com elas

fegato-cipolle-patate

Apriamo un piccolo capitolo sulle interiora. Esiste, nella cucina tipica di Lisbona, un terzetto quasi indissolubile che risponde al nome di moelas, iscas e pipis, ovvero snack e piatti a base di ventrigli di pollo, trippa di manzo e fegato di maiale.

Per ogni preparazione esistono innumerevoli varianti: stufate nel sugo di pomodoro con aglio e cipolla, in bianco sfumate con il vino, in zuppa, fritte. Qui vi parliamo dell’iscas com elas, ovvero fegato con patate (elas sta per “esse”, talmente è scontato ci si riferisca alle patate). L’ingrediente principale può essere di maiale o vitello e normalmente viene scottato in padella con aglio e aceto, all’occorrenza vino bianco, e servito con patate fritte o al forno.

Ovos moles

ovos

Se pensavate che avessimo finito con le uova, beh vi sbagliavate di grosso. Perché proprio con i dolci arriva il bello, e in qualche caso da ingrediente diventano addirittura protagoniste assolute del piatto. Gli ovos moles ne sono la prova schiacciante: si tratta di tuorli d’uovo crudi sbattuti con lo zucchero che possono essere consumati “nudi” oppure avvolti da una sottilissima ostia spesso decorata con motivi marini.

Il detto “fare di necessità virtù” si adatta perfettamente alla genesi degli ovos moles: vennero preparati per la prima volta dalle suore del Mosteiro de Jesus ad Aveiro (dove peraltro hanno denominazione Igp), le quali utilizzavano l’albume per stirare gli abiti e, per non sprecare i tuorli, si sono inventate questo dolce da passeggio. Rendiamo grazie.

Queijada da Sintra

tortini

Piccole e golose cheesecake monoporzione: non sapremmo come meglio definire le queijadas da Sintra, specialità che arriva dall’omonima località vicinissima a Lisbona, luogo magico e sospeso nel tempo con i suoi palazzi coloratissimi e labirintici.

Queste tartellette a base di requeijão (un latticino simile alla nostra ricotta), uova, latte, zucchero e farina sono la ricetta di partenza per numerosissime varianti. Ce ne sono diverse per regione (famose quelle isolane di Madeira e delle Azzorre) e per ingredienti aggiunti (cocco, mandorla, cioccolato, arancia solo per citarne alcuni). Tuttavia, siamo tra coloro che pensano che la prova del nove di un piatto stia nella sua versione più semplice e basilare: fate un salto a Sintra (il treno da Lisbona è diretto e comodissimo) per assaggiarle tra un castello e l’altro.

Pastéis de Belem

pasteis de belem

Finiamo in dolcezza con quella che forse è la specialità in assoluto più conosciuta e amata di Lisbona. Stiamo parlando delle loro maestà i pastéis de Belem, che in città si trovano un po’ ovunque con il nome di pastéis de natama noi non ci accontentiamo e vogliamo fare la fila alla pasticceria omonima che quasi duecento anni fa ha dato i natali a questi dolcetti golosissimi.

Gialli come il sole, questi pasticcini consistono essenzialmente in pasta sfoglia ripiena di crema all’uovo. Gli altri elementi imprescindibili sono l’aroma di limone, la spolverata di cannella e la superficie caramellata nel forno. Tutto insieme è un trionfo di dolcezza appiccicosa e goduria per i sensi tutti che crea momenti di encefalogramma piatto seguiti da immediata dipendenza. Noi vi abbiamo avvertito: provate a resistere e, puntualmente, arrendetevi ai pastéis.