Pizza con ananas: il problema non è l’ananas, ma gli italiani

La famigerata e vergognosa pizza con ananas non ha mai avuto speranze, in Italia. Scacciata e disprezzata, proprio dal popolo della pizza e fichi.

Pizza con ananas: il problema non è l’ananas, ma gli italiani

Ci sono cose che, in Italia, proprio non hanno né avranno mai possibilità di esistere – figuriamoci di avere successo. Ecco, la pizza con ananas ne è l’esempio più calzante: una semplice pizza tra i millesettecento gusti che tutte le pizzerie d’Italia ormai accettano e propongono, da sempre additata, disprezzata, insultata, associata all’offesa e allo schifo, un insulto alla Nazione, ribrezzo e indignazione. Sapete una cosa? In questo caso il problema non è l’ananas, il problema sono gli italiani.

Italiani sempre sul piede di guerra per quanto riguarda il cibo (ogni italiano si sente automaticamente chef per diritto di nascita), sempre grandi applicatori di preconcetti con qualsiasi cosa arrivi dall’estero – la cucina italiana è la migliore del mondo, non lo sapevate? Io personalmente mi sono molto stufata di questa retorica ormai incessante da anni e anni: vorrei affrontarla concentrandomi appunto sull’eresia più offensiva, dimostrando che odiarla non ha alcun senso. A ispirarmi, questo articolo sulla chiusura in sordina di Domino’s, di Dario de Marco.

Noi, il popolo di pizza e fichi e pizza zola e mele

Già leggendo questo paragrafetto centro un punto focale della questione (ma non mi illudo certo di smuovere ragione e coscienze): se tra le pietanze italiane più rappresentative e tradizionali abbiamo la romana pizza e fichi, e la celeberrima pizza zola e mele (erede di un concetto contadino antichissimo, ovvero l’accostare frutta e formaggi), mi spiegate che senso abbia accanirsi sulla pizza con ananas? Ponendo questa domanda a molti amici e conoscenti, in tanti effettivamente non mi hanno saputo rispondere. La risposta, temo, è una: ipocrisia, perché se un tale abbinamento fosse nato in Italia o da un italiano (e non da un greco in Canada) non ci sarebbero mai stati problemi.

L’assassino è il pomodoro

Un paio di volte tuttavia, è emerso ciò: i fichi e il prosciutto, così come zola e le mele, sono proposti generalmente su pizze bianche senza salsa di pomodoro – a differenza della pizza con ananas. La presenza del pomodoro insieme a un frutto così dolce crea subbuglio, stona, comunica al cervello una base di acidità scomoda da mandare giù. Ok, lo comprendo… allora, semmai, il problema è ribadito che non sia l’ananas, bensì la scelta di averlo messo sulla salsa di pomodoro. Cosa che, comunque, a molti piace.

L’ananas sciroppato

Posso essere d’accordo sul fatto che usare l’ananas sciroppato possa essere too much. Usare, tuttavia, un ananas fresco tagliato a carpaccio o a pezzetti proporzionati non credo possa offendere qualcuno, e non mi capacito che offenda di fatto qualcuno. Per me la regola nel mondo food è una e una soltanto: “a me non piace” è parere sacro, “fa schifo” è una condanna a rimanere piccolini.

Noi, che ai bambini diamo pizza con wurstel e patatine

La questione è talmente ridicola dal mio punto di vista che a volte mi fa quasi arrabbiare. Tutti impegnati a riempirsi la bocca di inni come “difendiamo la NOSTRA tradizione!”, per applicarli solamente sui social network e non in casa propria. Se solo avessi la prova di quante volte ho sentito genitori ordinare ai figli la pizza con le patatine, o quella con wurstel e patatine… ma di prove non ne ho, e ovviamente nessuno di chi mi leggerà ammetterà colpe.

Noi, che impazziamo per prosciutto e melone

Prosciutto e melone

Prosciutto crudo e melone sta all’Italia come ananas e gamberetti sta in altre parti del mondo. Quindi? Quindi ciò che si fa in Italia va bene, il resto no. Abbiamo da poco accolto l’insalata di anguria e feta e altre cosine sfiziose simili, ma siamo ancora molto indietro per quanto riguarda l’uso poco canonico di frutta e verdura. Nella cucina anglosassone e statunitense, è cosa comune usare verdure nei dessert e frutta in pietanze salate: pensiamo al zucchini bread (in Italia esiste la schiacciata viareggina, un dolce con le zucchine primaverili che non conosce quasi nessuno), alla pumpkin pie, alla salsa di cranberries per il tacchino arrosto, alle confetture di rabarbaro e molto ma molto altro. Se siamo di mentalità costruita a paletti, accostamenti di sapore più vari dovrebbero ispirarci e non indignarci.

Noi, che accettiamo il tiramisù con pan di stelle, ananas e cocco

tiramisu

Poi parliamo tanto di come la pizza con ananas deturpi la sacralità della pizza margherita (come se fosse l’unica mangiata dagli italiani), ma siamo i primissimi a proporre robe come il “tiramisù” fatto con pavesini e pan di stelle, o con l’ananas e cocco. Siamo i primi a sput*anare e imbastardire ricette tradizionali altrui (come la New York cheesecake, che ora si fa con qualsiasi cosa). I primi ad adottare senza battere ciglio pietanze estere, ma solo nel momento in cui qualcuno le rende instagrammabili (l’hummus, il porridge, il poke…). Insomma innumerevoli contraddizioni dovute a chissà cosa, che – detto in tutta onestà – non fanno che accentuare la poca rilevanza della maggior parte di obiezioni sul cibo altrui.

Noi, che difendiamo una tradizione superficiale

caffè di moka

Cosa intendo dire? Intendo dire che la tradizione culinaria su cui tanto ci aggrappiamo è spesso analisi di fattori recenti rispetto ai secoli che esistono alle spalle di una pietanza o un ingrediente. Inoltre, ci scanniamo non solo su molte ricette tradizionali di questo secolo, ma anche sugli strumenti per farle ( e il caffè ne è un esempio: osanniamo la moka come unico strumento tradizionale italiano che tutto il mondo dovrebbe incoronare a “coffee maker”… e poi non ci ricordiamo cosa sia la – ben più antica – cuccumella).

Tutto ciò, non sembra, ma è attinente con l’odio per l’ananas sulla pizza: troppo spesso scegliamo di valutare solo ciò che i nostri singoli micro mondi egocentrici hanno vissuto, ignorando il prima (magari una tradizione altrui, importante per altre persone e popoli, o i motivi socio-economici che hanno prodotto un certo risultato) così come il futuro (ampliare sempre di più gli orizzonti culinari, senza preconcetti). Questa è una delle cose più stupide che si possa fare, oggi.