Carlo Cracco compie sessant’anni, e questo lo sapete già di certo, visto che lo chef è stato – giustamente – celebrato a destra e a manca in una giornata così importante. E lui, importante, lo è certamente: uno che ha costruito un pezzo della cucina italiana contemporanea, che vi piaccia o no, e che ha segnato la sua generazioni di cuochi. Uno che ha iniziato a vent’anni con Gualtiero Marchesi, e poi è andato a portare il suo contributo alle storiche tre stelle Michelin dell’Enoteca Pinchiorri, prima di mettersi in proprio con i suoi ristoranti, a Piobesi d’Alba e poi a Milano.
Uno che è piaciuto moltissimo a tutta una generazione, che lo ha eletto a sex symbol della cucina, quando ha avuto il merito (o la colpa?) di cambiare il volto degli chef, e portarli dalla cucina alla televisione, con una popolarità del tutto inaspettata (e manco voluta, pare, a sentire gli chef, che dicono tutti che in tv non ci volevano andare). Ma anche contrastata, in parte proprio per via del suo successo (da cui gli Italiani sono da sempre ossessionati, e lo siete anche voi, se avete mai chiesto a Google quanti soldi ha Joe Bastianich), in parte per via di un carattere che può sembrare un tantino spigoloso, e che è sembrato molto di più, in alcuni battibecchi di Masterchef (su cui Cracco ha poi anche ammesso di aver un tantino esagerato).
Certo è che, dopo sessant’anni, possiamo dirlo: uno come Carlo Cracco, nella sua generazione di chef, non c’è. Uno che ha segnato in questo modo la cucina, facendo ponte tra una generazione e l’altra, e che con l’altra mano ha sorriso così efficacemente alle telecamere. Carlo Cracco è unico, ed è per questo che ogni cosa che fa ha una eco incredibile. Una polemica nuova, spesso suo malgrado, arriva suoi giornali di tanto in tanto. E noi chi siamo, per non rinfrescarvi la memoria?
L’addio di Cracco con il suo sommelier
Torniamo indietro di tanti anni. Quindici, almeno. Accanto a Carlo Cracco, a Milano, operava uno dei migliori sommelier della sua generazione (e forse non soltanto), Luca Gardini. Una coppia strepitosa: uno in cucina, l’altro in sala. Faville.
I due, a un certo punto e un po’ all’improvviso, si lasciarono, e ai tempi fu un divorzio più sentito e sofferto, nel mondo della gastronomia, di quello dei Ferragnez.
La stella persa
Nel 2018, proprio durante il passaggio del suo ristorante da via Victor Hugo al nuovo Cracco in Galleria, la Guida Michelin tolse una stella a Carlo Cracco. Una delle retrocessioni più rumorose di sempre, e anche più sofferte da parte della critica, che si chiese a lungo il perché di quella decisione così pesante. C’era, allora, chi malignamente diceva che lo chef si dedicasse troppo alla cucina, ma la verità è che, vista la storia di Antonino Cannavacciuolo, nuova superstar gastro-televisiva erede di Cracco, alla Michelin poco importa del successo degli chef in tv. Eppure, Carlo Cracco, quella stella non l’ha più ripresa, e forse neanche l’aspetta più.
L’aglio nell’Amatriciana
Ci sono ricette che neanche Carlo Cracco può toccare: ne sa qualcosa lo chef, che ha rischiato il linciaggio per aver messo l’aglio in camicia nell’Amatriciana.
La pizza di Cracco
Nulla ha tenuto banco nel mondo gastronomico, così a lungo e così inutilmente, come la polemica sulla pizza da venti euro di Carlo Cracco, considerata brutta e carissima. Sono passati otto anni, e ora che la pizza arriva a costare venti euro quasi pure dalla pizza al taglio sotto casa, sembra una follia (e lo era anche allora, in effetti).
I giudizi dei giornalisti
Carlo Cracco parla poco, e se lo fa misura con attenzione le parole. Lo sa chiunque lo abbia intervistato. I giornalisti, invece, nei suoi confronti hanno saputo essere parecchio duri, e quanto a parole misurate, possiamo scegliere tra chi lo chiamò “stella cadente” (e finì addirittura in tribunale , perdendo peraltro la causa per diffamazione, quindi sia chiaro che no, noi non ce l’abbiamo per niente con Carlo Cracco e veniamo in totale pace a fare questo elenchetto di piccoli episodi saliti alle cronache) e chi, come Aldo Grasso, gli ha addirittura dato del “giullare” (e invece noi il suo Dinner Club lo abbiamo apprezzato assai).
Il rossetto di cioccolato
Su, Carlo Cracco, quella roba lì di cioccolato per la festa della donna non la vogliamo più vedere per i prossimi sessant’anni. Promesso?
Gli attivisti di Ultima Generazione
Cracco è un simbolo del lusso, certo. Una cena da lui, nella centralissima Milano, è una cosa ultra chic. Ed è per questo che gli attivisti di Ultima Generazione lo hanno preso di mira qualche mese fa, con sit in, lanci di pomodoro e un attivismo sociale di cui non abbiamo capito del tutto le ragioni, pur rimanendo solidali al messaggio di partenza. Ma se nel mondo ci sono disuguaglianze economiche e sociali, sarà mica colpa di Carlo Cracco? Su, che qui si sta esagerando, in fondo lui è un cuoco, mica un politico (e talvolta si è anche espresso sulle questioni politiche, come il DDL Zan).