Pasta all’amatriciana: i 7 errori da non fare

Facile dire pasta all'amatriciana, se non si hanno le idee precise su disciplinare, su ingredienti, su origini: conoscendo i peggiori errori da evitare risolveremo tutti i dubbi.

Pasta all’amatriciana: i 7 errori da non fare

In collaborazione con Zero Sei Trattoria Romana.

Tutto il mondo conosce l’amatriciana e tutto il mondo è pronto a difenderla. Con la L77 del 13 marzo 2020 la pietanza rappresentativa del territorio romano ha ottenuto un disciplinare pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE. Diventa quindi STG ovvero Specialità Tradizionale Garantita. Scopriamo, insieme a un vero esperto nonché baluardo di questa pietanza, il ristoratore romano Fausto Soldini, gli errori da evitare per prepararla.

Sull’amatriciana si dibatte per ogni sfumatura tranne che per il guanciale: è lui l’ingrediente che al netto di storia, topografia e interpretazioni a sentimento mette tutti d’accordo. Sì perché, come affermato per la pasta alla gricia, il racconto che l’amatriciana sia nata esattamente così come la conosciamo – dal nulla e proprio ad Amatrice – non è cosa realistica né accertabile. Si narra infatti che il guanciale fosse il pasto dei contadini e dei pastori, che lo mettevano nella pasta: il concetto di pastasciutta, tuttavia, come sostiene lo storico gastronomico Luca Cesari nel suo Storia della pasta in 10 ricette, prima del XVIII secolo non esisteva. E nemmeno il pomodoro. Insomma, chiarisco dunque che stiamo parlando dell’amatriciana attuale, lasciando volutamente da parte le sue origini nonché le versioni precedenti – che fanno comunque parte della sua storia, più fluida di quanto in molti vogliono ammettere.

1. Chiamarla “Gricia con il pomodoro”

amatriciana

La Gricia è Gricia, l’Amatriciana è Amatriciana. Grisciano è un minuscolo insieme di vie accanto ad Amatrice, e tutti gli abitanti sono ferrei nel sostenere che l’Amatriciana sia “la variante rossa della gricia” o una “gricia con il pomodoro”. Ad Amatrice sono punti nel vivo quando la pasta che porta il loro nome è così banalizzata, o privata di un’identità che per loro è vitale. Quindi, l’errore peggiore che chiunque possa fare è avere poco rispetto per tale sensibilità e ordinare a muso duro una “gricia rossa” anziché un’amatriciana.

2. Linciare Carlo Cracco

Facciamo un passo fino a Febbraio, anno del Signore 2015: Carlo Cracco, pluristellato guru dell’alta ristorazione e all’epoca volto televisivo onnipresente su reality show e pubblicità, fa una dichiarazione cui tutto il mondo reagirà: “Gli ingredienti dell’amatriciana sono spaghetti, guanciale, pomodoro e spicchio d’aglio in camicia”. Sorvoliamo sul contesto delle parole incriminate che, pronunciate a “C’è Posta per te” il sabato in prima serata, non fanno altro che dimostrare l’ubiquità del Cracco negli studi televisivi. La parte non digerita del fatto è che aglio, cipolla e scalogno nell’amatriciana da disciplinare non sono previsti. Lo hanno ribadito anche sindaci, assessori, giornalisti esteri come se ci fosse in gioco la vita di una persona. Ricordiamo tuttavia che il disciplinare riguarda l’amatriciana attuale, ma chissà quante piccole varianti sono passate nel mezzo, tra decenni e generazioni. Chi, a un certo punto, e perché, ha deciso che una e solo una versione sia quella giusta e ammissibile? Continuate a sperimentare, se vi aggrada, stando attenti a non ferire i sentimenti di qualcuno.

3. Avere dubbi su olio o strutto

Aggiungo o no un grasso per legare gli ingredienti dell’amatriciana? Non dovrebbe bastare quello rilasciato dal guanciale? La risposta è sia sì sia no, ovvero: il guanciale rilascia grasso e in tanti preferiscono dar precedenza a quest’ultimo e al suo sapore, altri invece preferiscono aiutare con dell’olio extravergine di oliva. Possiamo essere certo di un fatto: lo strutto, da disciplinare sopra citato, non è previsto.

4. Annegarla nel pomodoro

sugo all'amatriciana in una padella

Quattro sono gli ingredienti sine qua non che compongono l’amatriciana: guanciale romano, pecorino romano con scorza nera, pomodoro e pasta. Il pomodoro è quindi un pilastro nella ricetta, e non è semplice renderlo armonioso con tutto il resto: troppo spesso prevale, troppo spesso è aggiunto inutilmente, la scelta dei “pezzettoni” non è adeguata, così come nemmeno l’uso di una passata di bassa qualità (acida) o troppo fina. Ci rendiamo conto che non tutti hanno a disposizione una conserva di pomodoro fatta in casa, motivo per cui è lecita la scelta di prodotti industriali, ma con criterio: no aromi, no aggiunte. In tanti puntano su un mix di passata e salsa più spessa (la polpa dei pelati o, come suggerisce Soldini, il San Marzano “sfragagnato a mano“), quindi l’equilibrio varia anche in base al gusto personale. Le questioni serie legate al pomodoro sono altre: come cuocerlo e quanto metterne.

Tutte le tecniche per fare la conserva di pomodoro Tutte le tecniche per fare la conserva di pomodoro

Come cuocerlo. Dopo aver rosolato il guanciale per fargli rilasciare grasso e sapore, questo è messo da parte per essere sostituito dal pomodoro. Solo in questo modo, il pomodoro può sobbollire assorbendo tutto l’aroma e il buono del guanciale: ecco l’essenza di questa ricetta. E per le quantità? Anche in questo caso il disciplinare attuale parla chiaro: dal 69 all’81% del totale.

5. Non prestare attenzione a guanciale e pecorino

amatriciana

Non si tratta di pignoleria né ossessione, bensì di dar merito al merito: nell’amatriciana da disciplinare possiamo usare un buon guanciale e un buon pecorino, ma non otterremmo comunque un prodotto identitario se non scegliessimo IL guanciale giusto e IL pecorino giusto. Rispettivamente il salume grasso di Accumoli ad Amatrice, e il pecorino “di tipo Amatriciano” o romano fatto nel casellario di Roma (e non il pecorino romano fatto altrove, come per esempio in Sardegna). Nei suoi ristoranti a Malta, Fausto Soldini usa proprio entrambe queste specialità per far parlare al mondo dell’amatriciana, nella maniera più onorevole che si possa fare.

Amatrice rinasce dai ristoranti: l’amatriciana sarà patrimonio Unesco Amatrice rinasce dai ristoranti: l’amatriciana sarà patrimonio Unesco

Addirittura, per il guanciale, il disciplinare parla chiaro. Specifica che “deve essere ottenuto dalla guancia fresca del suino pesante rifilata a forma di triangolo, partendo dalla gola e deve avere forma a triangolo a base arrotondata. Il colore bianco screziato di rosso all’interno, parte grassa che prevale sulla parte magra, stagionatura minimo 30 giorni dalla salatura“.

6. Non saper scegliere tra bucatini, spaghetti o pasta corta

piatto di rigatoni all'amatriciana

L’immaginario collettivo associa l’amatriciana alla pasta lunga: o spaghetti o bucatini, quel peculiare formato simile a uno spaghetto ma più spesso e con un foro che lo percorre. Questa scelta è davvero legata soprattutto al gusto personale e a come si ama gustare una pietanza del genere: c’è chi preferisce avviluppare gli ingredienti in spaghetti o pasta lunga, e chi ama la “monoporzione” di una pasta corta che racchiuda sugo o condimento. Fausto Soldini, per esempio, è di questa seconda scuola: “io userei i rigatoni pure al posto del cappuccino la mattina, ma l’esperienza nei ristoranti all’estero mi ha insegnato che non tutti riescono a gestire lo spaghetto“. Dunque, anche i rigatoni all’amatriciana sono da provare!

7. Servirla con un vino poco adatto

Il nostro bel disciplinare ammette vino bianco per sfumare e arricchire ulteriormente le note aromatiche di questa semplice e appagante pietanza. Il dubbio tuttavia si insinua, riguardo a quale vino scegliere per accompagnare l’amatriciana una volta servita. Ecco, la risposta non è scontata, perché subisce tante varianti. La nostra amatriciana potrebbe venirci più acida (anche in base al pomodoro scelto), più “carica” (in base a quanto pecorino e/o peperoncino o pepe inseriamo). Ci affidiamo al nostro Luciano Fiordiponti, che ci chiarisce in merito: “un bel cesanese di Olevano Romano (che attualmente è la zona che dà vini più interessanti rispetto la DOCG del Piglio) o anche un Ciliegiolo di Narni, ma che abbiano un minimo di anni sulle spalle. Mi orienterei su un rosso con moderata tannicità e moderata acidità, ma non un morbidone (come un primitivo di manduria, per esempio); che abbia un persistenza sensibile ma non eterna“.