La settimana che ci ha fatto combattere la guerra dei sessi. In cucina

La guerra dei sessi

1 –La cucina non è roba per donne“. Questa è stata la dichiarazione di guerra. Dopo sanguinose battaglie e un lungo processo negoziale, si è convenuto che le femmine sono realistiche, quindi immuni dal delirio megalomane che fa il grande cuoco. In compenso, non esistono ristoranti pilotati da donne chiusi per fallimento, fuga a Cuba o arresto per spaccio di cocaina. Roba normale nella ristorazione maschile.

2 – Fegato grasso, fegato spappolato. Togliete tonno e fuàgrà dal menù.

3 – Et voilà, vi squaderniamo tutte le novità della nuova guida Michelin.

4 – “Chissà Aldo Grasso che risate si farebbe se Bonolis o Santoro gli negassero per iscritto il diritto di giudicare le rispettive trasmissioni”. Lo chef che ha detto alla guida Michelin: nessuno mi può giudicare.

5 – La nuda verità | Nella sua infinità bontà, il partner vi concede il nullaosta temporaneo. Per quanto i meritevoli vadano rarefacendosi, con quale chef, critico o foodblogger cucinereste nudi? E perché?

6 – Rappelez-vous Ségolène Royal, che sfidò Nicolas Sarkozy nella corsa alla presidenza francese uscendone sconfitta ma non vinta. In settimana ha provato una ricetta italiana. Il piedino di porco.

7 – Ci siamo radunati a Napoli per il primo D(issapore)-Day. Gustatevi la gallery con una precauzione. Certe foto farebbero morire di colesterolo una camerata intera di cardiologia. Enfasi su colesterolo.

8 – La consuetudine gastronomica prevede che la cottura avvenga quando l’astice è ancora vivo”. Punto. Ma un giudice impugna la sentenza, manca una perizia che verifichi le sofferenze delle povere bestie. Aspettando l’appello, è vivamente consigliata la sedia elettrica per aragoste.

9 – Dopo le dichiarazioni anti-pausapranzisti del ministro Rotondi — La pausa pranzo è un danno per il lavoro, blocca l’Italia, vi abbiamo invitato a non scrivere commenti indignati tipo “questo signore non ha mai lavorato cosa volete che sappia della pausa pranzo”. Poi abbiamo saputo che il Parlamento ha 6 (sei) ristoranti, più due buvette, svariati bar e baretti dove pascola una tribù di 950 rappresentanti della nazione, più 3.000 dipendenti e 300 giornalisti. Costo: 20 milioni di euro all’anno, e passa.

10 – E ora qualcosa di completamente diverso. Roma vs Milano. Dove si mangia meglio?

Immagine: Imdb.