Mangio dal 1983, anno in cui faccio il mio esordio nella vita a Lodi, città famosa per aver regalato al mondo il mascarpone, la raspadüra e il forno crematorio. Anche Simona Ventura una volta è venuta a ballarci una specie di haka, ma questa è un’altra storia.
Scrivo di cibo da prima che si chiamasse food, tra blog, riviste cartacee, guide e web. Mi sono guadagnato da vivere nella comunicazione, design e marketing della birra artigianale, e ora produco kombucha, sidro, idromele e fermentati vari.
Per Dissapore scrivo principalmente di quei ristoranti dove andate, spendete 100 euro, uscite e vi magnate una pizza: il cosiddetto fine dining. Tendo ad essere critico verso la tradizione e divulgatorio con l’avanguardia.
Nella vita amo coniugare l’alto e il basso, spesso perdendo traccia di chi è cosa: David Lettermann e Alvaro Vitali, Franco Battiato e Tony Tammaro, Uliassi e i Sofficini. Ho fatto l’orchestrale di liscio e una volta sono stato da Jiro Ono.
Ho sdoganato il termine “gastrofregno”.