Mele: le 23 varietà italiane che merita riconoscere

Le varietà di mele italiane sono un capolavoro di biodiversità. Eccone 23 da conoscere, tra Dop, Igp e autoctone come Milappa, Zitella, Verdone, Pomella.

Mele: le 23 varietà italiane che merita riconoscere

La troviamo tutto l’anno al supermercato, gialla, verde e rossa nelle solite quattro-cinque tipologie, le stesse da qui all’altro capo dell’oceano. Ed è un peccato, perché la mela è uno dei frutti più biodiversi del pianeta: senza andare troppo lontano, soffermandoci solo sulle varietà italiane, le cultivar autoctone e selvatiche cambiano di regione in regione, ognuna con un corredo di sapori e aromi unici e terribilmente interessanti.

Le mele da conoscere sono innumerevoli, lungo tutta la Penisola. Per comodità le abbiamo divise in 23 tipologie: ci sono le grandi Dop e Igp da Trentino, Alto Adige, Campania e Piemonte che annoverano varietà autoctone e internazionali; i Presìdi Slow Food collettivi da Friuli, Sicilia e Piemonte in cui sono raccolte le mele antiche; e poi le cultivar rare e/o in via di estinzione tutelate dall’Arca del Gusto, piccole chicche dai nomi dialettali (Lappedda, Sarvai d’la Roca, Milappa) e fortemente legate al territorio.

Prima di affrontarle nel dettaglio, una piccola premessa sulla botanica e composizione della mela. Il frutto di Malus domestica fa parte della famiglia delle Rosaceae e, a ben vedere, si tratta in realtà di un “falso frutto” (ricordate? avevamo già affrontato l’argomento nelle varietà di pere). Della mela infatti si consuma il carnoso e succoso ricettacolo florale, costituito dalla polpa zuccherina che avvolge il torsolo, tecnicamente il frutto vero e proprio che racchiude i semi preposti alla fecondazione.

Ma va bene così, perché dalla polpa ricaviamo acqua, tante fibre (tra cui la pectina, importante per l’assorbimento del glucosio nel sangue, nonché per le sue performance a livello tecnologico), vitamina C e zuccheri semplici. La buccia della mela, specialmente quella rossa ricca di pigmenti antiossidanti, contiene preziosi micronutrienti tra cui flavonoidi, betacarotene, niacina e acido folico: guai a toglierla! Se la mela cruda (e il rumore inconfondibile provocato dal morso) è sinonimo di benessere, la cotta lo è di dolcezza e conforto. Non si contano le ricette in cui la mela è protagonista o elemento integrante: al forno, fritte, in padella, a volte salate ma quasi sempre in versione dolce.

Se sul piano culinario c’è da sbizzarrirsi, aspettate di vedere quante sono le tipologie: ecco le 23 varietà di mele (italiane) che merita ri-conoscere.

Mela Val di Non Dop

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La Val di Non in provincia di Trento è l’unica Dop italiana dedicata alle mele. Le varietà ammesse dal disciplinare sono tre: Golden Delicious, colore giallo-verde, forma conica e polpa croccante e succosa; Renetta Canada, buccia rugosa e verdastra, forma appiattita e polpa croccante o farinosa, a seconda del periodo di consumo; e Red Delicious, rossa, pastosa e dolciastra. Oltre ai tradizionali metodi di allevamento, a “pieno vento” e “a fusetto”, la mela Val di Non Dop è caratterizzata dai terreni ricchi di magnesio, che le conferiscono spiccate ed eccellenti qualità organolettiche.

Mela Alto Adige Igp

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Braeburn, Elstar, Fuji, Gala, Golden Delicious, Granny Smith, Idared, Jonagold, Morgenduft, Red Delicious, Stayman Winesap, Pinova, Topaz: eccole, dalla prima all’ultima, le varietà che costellano il rinomato meleto altoatesino. Perché la mela Alto Adige Igp (o Südtiroler Gga) è considerata superiore? Prima di tutto il clima, caratterizzato dall’alternanza di aria fredda e venti caldi e dall’escursione termica tra giorno e notte, che permettono una maturazione lenta ma costante dei frutti. Poi la tessitura dei terreni, soffici, drenanti, ricchi di ossigeno e provvisti di manto erboso che, da una parte, favoriscono lo sviluppo radicale, dall’altra, proteggono le piante da inaridimento ed eccessivo riscaldamento. Infine la storia, che risale ai tempi di Carlo Magno; e il profilo organolettico dal sapore intenso, caratterizzato da polpa compatta e alta conservabilità. Il meglio del meglio dunque, da mordere a crudo o incorporare, per forza di cose, nel tipico strudel di mele.

Mele del Trentino Igp

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Anche il dirimpettaio Trentino ha ottenuto la sua Igp delle mele, fresca fresca di registrazione. Nel disciplinare rientrano le varietà Gala, Golden Delicious, Morgenduft, Red Delicious, Granny Smith, Fuji, Renetta e Pinova. Tutti frutti, come cantava l’indiavolato Little Richards, per tutti i colori e i sapori nel variegato panorama del meleto trentino, che vede finalmente riconosciuta l’ottima reputazione del suo prodotto tipico.

Mela Valtellina Igp

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Bresaola, pizzoccheri e… mele! La Valtellina ha ottenuto nel 2010 il marchio Igp abbinato alle varietà di Golden Delicious, Red Delicious e Gala. I meleti vengono allevati tra i 200 e i 900 metri di altitudine, la raccolta eseguita a mano, e le mele, che maturano tra agosto e ottobre, possono essere conservate fino a 11 mesi. Le tre varietà presentano una bella gamma di colori (dal giallo al rosso intenso), consistenza della polpa (croccante, dura, farinosa) e usi in cucina. Le mele Valtellina Igp sono ottime crude, ma anche cotte in tutti i modi non ci dispiacciono: da provare nelle sfogliatine mele e miele, cinque ingredienti e meno di mezz’ora per una merenda deliziosa.

Mela Rossa Cuneo Igp

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Fra le varietà annoverate nella Igp della Mela Rossa Cuneo, le sfumature ci sono tutte. Si va dal rosso intenso vinoso della Red Delicious, al brillante della Gala, all’aranciato della Braeburn, fino al classico striato della Fuji. Queste rosse internazionali, accomunate dalla polpa soda, succosa e croccante, hanno trovato terreno fertile nel basso Piemonte, e non è un caso. Uno studio dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo ha dimostrato la vocazione produttiva delle mele a buccia rossa nell’area di interesse, frutto della ricerca varietale che ha caratterizzato l’attività delle accademie e associazioni agrarie in Piemonte fin dal Settecento. Talmente belle che sbucciarle è un peccato: mangiatele intere (dopo averle lavate bene) e assaporatele con tutti i profumi e i nutrienti del rosso che fa bene!

Melannurca Campana Igp

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Il tesoro rosso della Campania, lo sapete, è il pomodoro. Eppure, a guardar bene, si potrebbe dire lo stesso della Melannurca, piccola e gustosissima mela a denominazione Igp che viene fatta letteralmente “arrossire”. Il suo caratteristico colore acceso infatti è frutto della maturazione controllata nei “melai”, piccoli appezzamenti di terreno su cui le mele vengono conservate dopo la raccolta e girate a mano periodicamente, in modo che la luce le colpisca su tutta la superficie. Così la Melannurca, coltivata nelle varietà Annurca e Rossa del Sud, da giallo-verde si tinge di rosso vermiglio. Ma non è finita qui: la vivace mela campana si distingue per il suo sapore eccellente dolce e aromatico, abbinato alla consistenza unica della polpa, soda e croccante. Basta un morso, e vi conquisterà.

Mela Campanina

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La Campanina è la mela “ufficiale” del Modenese e del Mantovano. Registrata come PAT dell’Emilia-Romagna, è caratterizzata dalla buccia molto spessa a base verde e solcata da sfumature diverse a seconda del grado di maturazione, dalla lunga conservabilità e dall’uso in cucina. La Campanina è la mela cotta per definizione: anche con il calore infatti la sua polpa, dal caratteristico sapore aromatico e acidulo, rimane integra e compatta. Ciò la rende ideale in particolare per la preparazione della tipica mostarda, nonché per marmellate, conserve e dolci da forno.

Mela Rosa dei Monti Sibillini

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Ce l’abbiamo messa tutta per trovare un difetto alla mela rosa dei Monti Sibillini, gioiello botanico delle Marche e Presidio Slow Food dal 2008. Eppure, passate in rassegna tutte le sue caratteristiche, ci siamo dovuti arrendere. Questo esemplare non solo si conserva perfettamente e molto a lungo; non solo ha un profilo organolettico gradevolissimo, dal sapore acidulo e zuccherino al profumo intenso e aromatico; non solo è bellissimo da vedere, con la sua buccia dai colori cangianti; e non solo si fa mangiare con gli occhi, ma anche con la bocca, da cruda e cotta. È infatti l’ingrediente ideale per sfornare dolci a più non posso, dalle semplici mele cotte alla golosa sbriciolata. Insomma, ci abbiamo provato e abbiamo fallito miseramente – e non siamo mai stati tanto soddisfatti.

Antiche mele dell’Alto Friuli

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Chi cerca il paradiso delle mele autoctone, non può perdersi le innumerevoli varietà del Friuli Venezia Giulia, produttrice di pomi (d’oro) fin dai tempi dell’Impero Romano. Il boom vero e proprio esplose alla fine dell’Ottocento, epoca in cui le mele friulane erano largamente richieste ed esportate, dall’Egitto fino agli Stati Uniti. A poco a poco tuttavia le specie autoctone furono sostituite dagli ibridi internazionali più produttivi: ecco spiegata l’entrata in gioco del Presidio Slow Food a tutela, appunto, delle Antiche mele dell’Alto Friuli.

Ecco quali sono le varietà da conoscere: Corone, forma conica e buccia rosso scuro con polpa soda e croccante; Gialla di Priuso, caratterizzata dalla tinta dorata e dal sapore acidulo; Blancon, conica, gialla e rugosa; Ruggine Dorata, dolcissima, rugosa e farinosa, regina dei dolci dalla classica torta alla morbida ciambella. Marc Panara, la mela “gigante”; Chei di rose, al contrario molto piccola e profumata; Zeuka, croccante e succosa; infine Naranzinis, che si gioca il campionato dei pesi massimi con la Marc Panara distinguendosi per la bellissima buccia rosa.

Antiche varietà di mele piemontesi

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Troveremo molto spesso il Piemonte (e la vicina Liguria) in questa lista. Quello delle Antiche varietà di mele piemontesi è un Presidio Slow Food che vanta una selezione quanto mai biodiversa e interessante. Quasi tutte le specie sono accomunate da una buona capacità di conservazione e da un progressivo miglioramento delle caratteristiche organolettiche con il passare del tempo.

Ecco quali sono le più conosciute: Runsè, rossa, lucente e succosa; Dominici, gialla e allungata con polpa croccante e sapore acidulo; Gamba Fina, di forma appiattita, colore rosso e sapore delicato; Calvilla, nelle versioni Bianca (ottima per una classica torta di mele) e Rossa d’Inverno, croccante da consumare cruda. Proseguiamo con Carla, piccola mela giallo paglierino con sfumature rosate e dal sapore dolcissimo; Magnana, rossa minuta con un potenziale di gusto esplosivo; infine la Buras, una grigia simile alle renette che insieme alla Grigia di Torriana fa il paio delle varietà che danno il meglio di sé cotte in forno.

Antiche mele dell’Etna

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Il terzo e ultimo Presidio Slow Food “collettivo” legato alle mele ci porta alle pendici del vulcano attivo più alto e maestoso d’Italia. Le Antiche mele dell’Etna contano circa una ventina di varietà, ma le più famose e apprezzate sono quattro. La Cola, il cui nome fa riferimento alla vicinanza del convento di San Nicola, piccola, bianca e piacevolmente acidula; la Gelato, dalla buccia giallo paglierino e il sapore dolcissimo; la Cola Gelato, che non è un prodotto confezionato da gustare in spiaggia ma un felice incrocio tra le prime due; e la Cirino, la più rara che spicca per il suo colorito rossastro.

Mela Lappedda

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Proprio come il gioco da sagra, continuiamo a pescare mele dall’Arca del Gusto Slow Food che stavolta ci porta a San Pier Niceto, provincia di Messina. La varietà locale è la Lappedda, mela molto rara quanto effimera: non si conserva infatti per più di trenta giorni. In compenso, durante la sua breve vita regala un aroma e sapore straordinari, soavi e delicatissimi. Carpe diem dunque, anzi carpe malum: tuttavia, se non riuscite ad assaggiare questa piccola mela da cruda, potete sempre optare per la versione essiccata o in marmellata e confettura.

Mele della Valle Bormida

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La Valle Bormida si estende tra Piemonte e Liguria ed è un piccolo paradiso per le mele autoctone. Le varietà classificate sono ben 18, tanto che dal 2010 il secondo sabato di marzo si celebra il Meladay, il giorno dedicato alle specie antiche promosso da Slow Food. Ed è proprio grazie all’Arca del Gusto che andiamo alla scoperta di cinque varietà molto particolari. Partiamo dalla Campanellina, mela verde-rossa e “sonora”: agitandola bene, al momento della raccolta, i semi producono un suono simile a uno scampanellio. La Cappelletta è tipica dell’entroterra savonese e sembra che il suo nome derivi da una cappella votiva nei cui pressi crescevano spontaneamente alcune piante, cariche di piccoli frutti rossicci dal sapore acidulo.

La Cinque Coste si distingue per la forma costoluta, la buccia giallo-verde e le alte prestazioni in cucina, specialmente se cotta al microonde. La Cichinetta o mai cichinat potrebbe aver ereditato il suo appellativo da Francesco, in dialetto “Cichen”. Forse il santo, forse un semplice contadino, chi lo sa: di sicuro questa mela giallo-limone si fa apprezzare per il gusto dolce, esaltato dalla cottura. Infine, la Boccone del Prete, una vera prelibatezza dalla polpa densa, aromatica e zuccherina, riservata – come vuole il nome – alle autorità locali e alle occasioni speciali.

Mela Mangione

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Tra le bellezze del Parco Nazionale della Majella in Abruzzo fa capolino anche la Mangione, varietà di mela registrata nell’Arca del Gusto Slow Food. Una fiera mela di montagna, la Mangione cresce oltre i 1000 metri e presenta una buona resistenza e capacità di conservazione. È piuttosto piccola, ha colore giallo striato di rosso e polpa croccante e succosa. Insomma, una vera tosta: affrontatela a morsi se avete coraggio, oppure armatevi di calore e zucchero e addolcitela sotto forma di plumcake.

Mela Sarvai d’la Roca

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Nell’Arca del Gusto Slow Food c’è sempre posto per la Valle Stura: questo territorio della provincia di Cuneo situato tra le Alpi Marittime e Cozie è un tesoro di prodotti tipici, dalle castagne all’agnello sambucano. Tra questi spicca un’antica varietà di mele, la Sarvai d’la Roca del comune di Roccasparvera. Di forma leggermente appiattita, questa mela si presenta con buccia gialla sfumata di rosso e una polpa consistente e saporita. Ottima nelle frittelle, in passato veniva usata per preparare il sidro.

Mele delle Valli di Lanzo

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Sulle Alpi Graie piemontesi, racchiuse tra la Valle dell’Orco a nord e la Val di Susa a sud, si estendono le tre Valli di Lanzo: Grande, d’Ala e di Viù. Questi territori sono particolarmente vocati per la coltivazione delle mele, tanto che l’Arca del Gusto Slow Food ivi registra ben due varietà autoctone. La Bugìn, giallo-verde con striature rosse coltivata dall’omonima famiglia Bogino, è una mela particolarmente zuccherina ideale nella preparazione dei dolci tipici, tra cui frittelle e glara, realizzato con il pane raffermo. Un’altra rarità è il Pum dla Lira, una mela verde brillante che assomiglia moltissimo alla Granny Smith e che negli anni Venti veniva venduta a una lira ogni 10 chili. Con il tempo il pum dla lira si è preso la rivincita: praticamente introvabile, è oggi assai più preziosa.

Mela Verdone piacentina

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Una al giorno leva il medico di torno: e la Verdone, mela piacentina che da una parte fa sfoggio del colore associato alla salute, e dall’altra ci ricorda il noto attore romano, potrebbe essere benissimo la santa patrona degli ipocondriaci. Questa chicca dell’Arca del Gusto Slow Food ha forma leggermente conica e un verde acceso come biglietto da visita. Con la conservazione i toni della buccia virano sul giallo, e anche il gusto da acidulo si addomestica, diventando più dolce e delicato. A seconda di colore e sapore dunque, scegliete se consumare la Verdone cotta (magari in una bella torta di pasta sfoglia) oppure cruda con un bel morso croccante, così sonoro da scacciare tutte le malattie.

Mela Zitella

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Tra Molise, Abruzzo e Campania c’è una mela davvero impenitente: la Zitella la chiamano, una varietà antica che si distingue per le sue numerose peculiarità. Intanto la rarità, un vezzo che le costa, suo malgrado, un posto nel novero dell’Arca del Gusto Slow Food. In secondo luogo, la longevità: è infatti perfettamente in grado di conservarsi oltre i sei mesi. Ha inoltre una bassa concentrazione di pectina, fattore che non le consente di gelificare oltre una certa temperatura e che la rende adatta alla produzione di canditi, usati soprattutto nei tradizionali dolci natalizi (in proposito, ecco la nostra lista dei panettoni campani da acquistare online). Infine, gli usi e costumi legati ai suoi utilizzi: le donne nubili in passato usavano la polpa come cosmetico – da cui il nome, nella speranza di “acchiappare” qualche marito – e la buccia aromatica come profumatore per ambienti. Oggi ci si limita ad apprezzarne le caratteristiche organolettiche così come sono. Succosa, profumata e croccante, la Zitella è la più desiderata delle mele: chissà che stavolta non vi si conceda!

Mela Milappa

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La Milappa è una varietà rara e antica della provincia di Reggio Calabria tutelata dall’Arca del Gusto Slow Food. Questa mela di piccole dimensioni e color giallo paglierino fa capolino tra i canyon sinuosi dell’Alta Valle del Sant’Agata, area caratterizzata dal torrente e dalle sue piene imprevedibili. Per questo motivo non esistono veri e propri meleti disposti ordinatamente a filari, come ci si aspetterebbe: piuttosto, la Milappa cresce sui pendii rubati al fiume, senza dubbio la più “eroica” tra le mele. La varietà è particolarmente apprezzata per il suo intenso profumo, tanto che in passato veniva usata come addobbo per le grandi occasioni religiose.

Mela Pomella della Valle Staffora

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La Pomella della Valle Staffora è una varietà della provincia di Pavia registrata nell’Arca del Gusto Slow Food. Il progressivo declino nel consumo e nella commercializzazione è dovuto alla forma irregolare e all’abitudine di raccoglierla acerba, con la polpa ancora molto acida e astringente. Un peccato perché in realtà questa mela verde, con le dovute tempistiche, diventa estremamente aromatica e zuccherina, una delizia da prendere a morsi o da incorporare a colazione nei cornetti di pasta sfoglia. Piccola curiosità: il secondo nome della Pomella è “genovese”, niente a che fare con l’origine, piuttosto con la destinazione. In passato infatti veniva venduta soprattutto sui mercati liguri, seguendo le antiche “vie del sale” che collegavano i versanti appenninici.

Mele bellunesi

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Fra il nord del Veneto, con il suo splendido Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, e l’Alto Adige al di là del confine regionale in fondo non c’è chissà che differenza. E questo vale anche per i prodotti tipici, tra cui le mele che abbondano in particolare nei territori della Val Belluna e del Feltrino. Almeno tre le varietà antiche da segnalare: la Ferro Cesio è una rarità marchiata Arca del Gusto Slow Food il cui nome (in dialetto pom dal fèr) richiama la sua straordinaria resistenza, anche post-caduta. La buccia spessa riesce a preservare in (quasi) tutti gli incidenti la polpa interna, poco succosa ma assai dolce. La Prussiana, una bella mela rossa croccante e saporita, importata agli inizi del Ventesimo secolo dagli operai di ritorno dalla Germania. Infine la Rosetta, nomen-omen: piccola come il suo vezzeggiativo, rosa come il suo nome, dolce come l’immagine che evoca. Da provare cotta nelle crostatine di mele, altrettanto graziose e soavi.

Mele genovesi

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Non solo olive e basilico: tra le cultivar antiche e pregiate dell’entroterra di Genova ci sono anche le mele. L’Arca del Gusto Slow Food ne segnala almeno tre: la Roncallina è molto piccola e tonda con buccia rugginosa e bicolore, giallo ai lati e rosso sul fondo. Segue a ruota la Limonina, un’altra formato-mini da cercare nei pressi di Portofino – non serve chissà che esplorazione, basta chiedere dell’unico produttore rimasto che la coltiva! Fedele al suo nome, la Limonina è parecchio aspra e non le manca nemmeno il giallo carico di ordinanza: per addolcirne i sentori più pungenti, fatene marmellata o incorporatela in un dolce speziato come la torta di mele e carote. Infine la Teresa, vispa come vuole la filastrocca, direttamente dalla Valle Scrivia. Non fatevi ingannare dalle apparenze, la buccia giallastra e la forma bitorzoluta nascondono una polpa molto dolce e aromatica.

Mele romagnole

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A quanto pare, la provincia di Forlì-Cesena in Romagna è terreno fertile per le mele. Qui hanno attecchito ben tre varietà, tutte registrate in quella lista dei lost and found mangerecci che è l’Arca del Gusto Slow Food. La prima si presenta con il nome proprio: Francesca è giallo-verde, piccola e leggermente schiacciata, ha gusto acidulo e si presta bene alla cottura. Poi c’è la Commercio dalle origini americane, anche lei leggermente appiattita ma di colore rosato e provvista di polpa soda e croccante, da gustare a crudo. Infine la Rosa Mantovana, che nonostante il nome è una romagnola doc: qui la buccia si tinge di rosa intenso con uno spessore che le permette un lungo e glorioso periodo di conservazione.